Alcologiarassegna stampa su vino, birra e altri alcolici del 3 marzo 2023

3 Marzo 2023
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RASSEGNA STAMPA SU VINO, BIRRA E ALTRI ALCOLICI

A cura di Roberto Argenta, Guido Dellagiacoma, Alessandro Sbarbada

REPUBBLICA

Un bicchiere di vino fa davvero così male?

di Elvira Naselli

Chi non deve bere mai e chi può decidere di bere un bicchiere ai pasti. Il
rischio zero non esiste ma si può ridurre consumando una dose moderata
insieme agli alimenti

La premessa è d’obbligo. Bevo volentieri un bicchiere di vino,
preferibilmente rosso, ai pasti. (*) E rispetto perfettamente i limiti
consigliati dai medici: una unità alcolica massima per le donne. Sono due o
poco meno per gli uomini, anche se sembra che le prossime linee guida
equipareranno il consumo nei due sessi. Qualche volta capita di bere un po’
di più? Certamente. Ma capita anche di non bere per giorni e in ogni caso
mai fuori da un contesto definito “mediterraneo”. Cioè bere durante i pasti,
sorseggiando, mai a stomaco vuoto. Fa male? Certo, l’alcol fa male ed è
nella lista 1 dello Iarc, come sostanza cancerogena. In buona compagnia, con
salumi e carne in scatola, fumo di sigaretta e altri agenti che sono
certamente cancerogeni per l’uomo. Ma – visto che lo Iarc non parla mai di
dosi correlate a un rischio certo – una giusta autoregolamentazione in un
adulto sano fa sì che forse ci si possa concedere una birra o un bicchiere
di vino (non entrambi) o un panino al prosciutto senza pensare di ammalarsi
di cancro. È quello che Andrea Ghiselli, past president Sisa, società
italiana di scienza dell’alimentazione – definisce un contratto tra la
propria gola e la propria salute. Per assumersi quel rischio – basso – di
cancro: “Sia chiaro – premette – rischio non vuol dire certezza: non è che
se bevo un bicchiere di vino mi viene il cancro, ma poiché l’alcol è in
lista 1, ovvero è cancerogeno, il rischio aumenta anche se di poco”

Chi non vuole correre alcun rischio – ripete il professor Giovanni
Addolorato, responsabile della UOC di Medicina Interna e Patologie alcol
correlate della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma – non deve bere
neanche un goccio di alcol. Chi è disposto a correre un rischio moderato può
decidere di bere con moderazione, sapendo che il rischio si riduce ancora di
più se si beve mangiando”.

Quella modalità che definiamo mediterranea, e alla quale è stato dedicato un
recente incontro al Senato. “Che cosa vuol dire bere mediterraneo? E’ un
vero e proprio modello – spiega Elisabetta Bernardi, biologa nutrizionista,
università Aldo Moro di Bari – che prevede di bere alcol con moderazione, in
modo uniforme nell’arco della settimana, con una preferenza per il vino,
meglio se rosso, e durante i pasti, sorseggiandolo perché si rallenta
l’assorbimento dell’etanolo, abbassando il picco di concentrazione alcolica
nel sangue. Inoltre è preferibile scegliere bevande con una bassa
percentuale di alcol, sotto il 25%”

Di recente l’Italia, con altri paesi mediterranei produttori di vino di
qualità – da noi è un comparto economico di rilievo con 7 miliardi l’anno di
produzione e 310mila imprese – ha protestato contro la proposta irlandese di
inserire in etichetta i pittogrammi che indicano il divieto di bere se si è
in gravidanza o alla guida. Etichetta peraltro già presente in un altro
prodotto alcolico come la birra. Il timore dei produttori è che si connoti
negativamente un prodotto come il vino.

Timore secondo gli esperti infondato mentre il messaggio sarebbe
inequivocabile: se bevi non guidi. E non bevi neanche se sei in gravidanza o
allattamento. “E neppure se hai meno di 18 anni, perché non si è ancora in
grado di metabolizzare l’alcol, o se sei anziano – continua Addolorato – ma
anche se prendi farmaci che con l’alcol possono avere un’emivita diversa o
funzionare meno di quanto previsto. Ovviamente non deve bere neanche chi
guida mezzi di locomozione privati o collettivi, o i medici, per esempio”.

La polemica sull’etichetta però – ragiona Ghiselli – parte da una falsa idea
condivisa in passato. E cioè che il vino facesse bene. “Il famoso paradosso
francese – racconta – in cui, a fronte di una dieta ricca di grassi di
origine animale, gli eventi cardiovascolari erano in numero minore rispetto
a chi seguiva regimi alimentari più virtuosi. E allora l’idea fu che il vino
potesse entrarci con una sorta di effetto benefico. Ma gli studi di
associazione mettono a confronto due fenomeni, senza provare il nesso di
causa-effetto. E la diminuzione di eventi cardiovascolari poteva essere
legata invece ad altri comportamenti virtuosi, come l’essere magri o
l’attività fisica. Ma da lì è passato il messaggio che il vino faceva bene.
Messaggio pericoloso. IL senso è che nessuno deve consigliare il vino
“perché fa bene”, perché non è vero, con l’alcol il rischio zero non esiste.
Ma visto che sebbene non sia nutriente è comunque un complemento del pasto,
e altre bevande alcoliche no, quello che possiamo consigliare è di bere il
meno possibile se proprio non si riesce a non bere”.

(*) Nota: eh, no, la premessa è certamente lecita, ma considerarla d’obbligo
appare discutibile. Perché si può scrivere un articolo sui rischi del fumo
senza avvertire l’obbligo di dichiarare di fumare “volentieri” qualche
sigaretta, e lo stesso non accade per il vino? Un non fumatore perde di
credibilità, o di simpatia, se parla dei problemi legati al fumo? Sembra un
dettaglio, ma, dal punto di vista culturale, è una questione centrale.
Perché chi informa sui rischi del bere si deve sentire in obbligo di
giustificarsi, dichiarandosi consumatore di vino?

LA7 – PIAZZAPULITA

Intervista alla dottoressa Antonella Viola

VIDEO: gli errori della pandemia e il caso delle etichette del vino

www.la7.it/piazzapulita/video/gli-errori-della-pandemia-e-il-caso-de
lle-etichette-ue-del-vino-parla-antonella-viola-03-03-2023-474382 (*)

(*) Nota: suggerisco la visione, e magari la condivisione, del video. La
dottoressa Viola sulla questione di pertinenza della nostra rassegna è molto
chiara ed esaustiva.

TORINOGGI.IT

“Un soffio ti può salvare la vita”: un camper e alcol test per prevenire le
stragi del sabato sera

I giovani potranno sottoporsi all’alcol test prima di mettersi alla guida:
sinergia tra i carabinieri e la fondazione

Soffiare in un palloncino (*) prima di mettersi alla guida, per evitare le
stragi del sabato sera. È questo l’obiettivo del progetto “un soffio ti può
salvare la vita”, che a partire dall’11 marzo porterà un camper nei luoghi
della movida: i giovani che lo desidereranno potranno sottoporsi all’alcol
test per accettare le proprie condizioni e capire se mettersi o meno alla
guida.

Il camper, messo a disposizione dalla fondazione Specchio dei Tempi, è un
doppio ambulatorio infermieristico mobile, progettato per effettuare i test.
Al fianco dei medici e infermieri volontari, un equipaggio del nucleo
radiomobile dell’Arma parteciperà all’attività in preventiva, distribuendo
materiale informativo si ragazzi.

Le zone in cui si concentrerà l’attività sono quelle della movida: 11 marzo
in piazza Vittorio, 18 marzo piazza Santa Giulia, 25 marzo San Salvario, 1°
aprile via Carlo Bossoli e infine 8 aprile Sauxe d’Oulx. L’iniziativa,
infatti, nasce proprio da un episodio avvenuto fuori dal locale Tabata, a
Sestriere, quando un carabiniere chiese a un uomo uscito dal locale quanto
avesse bevuto per capire se potersi mettere o no alla guida.

Claudio Lunardo, comandante provinciale Carabinieri di Torino, spiega lo
spirito dell’iniziativa: “L’approccio cambia, ci vede più vicini ai giovani,
a chi si vuole divertire con uno spirito sano. Molto spesso sentiamo ancora
di incidenti gravi, di persone che perdono la vita. Lo slogan
dell’iniziativa dice tutto: un soffio ti può salvare la vita”. “Sarà uno
slogan che colpirà molti all’uscita dei locali. Noi saremo li ma non con un
approccio persecutorio ma preventivo per far capire che l’iniziativa va in
favore di chi vuole divertirsi ma deve avere la consapevolezza che è meglio
non mettersi alla guida per non far male a se stessi e agli altri” conclude
il generale.

“Esiste una recentissima ricerca europea che dice gli automobilisti giovani
sono l’8%, ma i morti giovani sulla strada sono il 16%. Ecco perché, con i
carabinieri, abbiamo pensato di percorrere una strada che permettesse di
prevenire e non sanzionare. Di convincere i ragazzi a non commettere azioni
che creino problemi a loro, alle loro famiglie e al pubblico” racconta
Ludovico Passerin D’Entreves, presidente Fondazione Specchio. “Forniremo la
clinica mobile e tutto il necessario perché i ragazzi possano fare l’alcol
test e capire se possono o no mettersi alla guida” (**) conclude.

(*) Nota: sono alcuni decenni che non si soffia più in un palloncino.

(*) Nota: speriamo che non sia occasione, come già accaduto in altre
analoghe iniziative, per fare a gara a chi fa registrare il punteggio più
alto.

ILCORRIEREDELLACITTA.COM

«Ora fate una brutta fine»: ubriaca prende a calci e pugni il compagno e i
figlioletti

di Brunilda Esposito

Minacce, umiliazioni e violenze quelle perpetrate dalla donna che – sotto
l’effetto di sostanze stupefacenti o alcol – riversava la propria rabbia
contro il convivente ed anche verso i loro tre figli. Le vessazioni, fisiche
e psicologiche, erano pressoché continue e – stando alle indagini della
Procura – gli atti di sopraffazione e violenza fisica venivano commessi
contro il convivente che più di una volta è stato colpito con calci, pugni,
con una bottiglia di vetro e minacciato anche con un coltello da cucina.

Un’escalation di violenza che non ha risparmiato nemmeno i figli. Una
terribile storia di violenza alla quale gli agenti della Polizia di Stato –
coordinati dalla Procura tiburtina – hanno messo la parola fine. Tenendo
presente che i fatti pocanzi descritti hanno trovato riscontro dagli
inquirenti nel corso delle indagini, il gip di Tivoli, su richiesta della
Procura, ha emesso un’ordinanza di applicazione della misura cautelare del
divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nonché
l’applicazione del braccialetto elettronico. Alla donna è stata, inoltre,
revocata la potestà genitoriale.

NOTIZIE247

Il successo delle bevande alcol-free | Ma come si produce la birra
analcolica? Sono davvero senza alcol?

di Giulia Deledda

La birra analcolica è il prodotto alcol-free che da anni impazza sul
mercato.

Questa valida alternativa infatti è perfetta per chi non vuole rinunciare
alle serate in compagnia ma allo stesso tempo preferisce tenersi alla larga
dai prodotti alcolici.

Le motivazioni che portano sempre più persone a rinunciare all’alcol sono
molteplici: senza dubbio si va incontro ad una scelta più salutare, ma anche
i fattori religiosi possono influenzare questa decisione.

Nella religione musulmana, per esempio, le bevande alcoliche sono
considerate haram (peccato).

Per un musulmano il corpo deve essere purificato da tutto ciò che potrebbe
causargli un danneggiamento per la mente o per il corpo. Il Corano stesso ne
vieta l’utilizzo.

Ma il Corano non poteva certo prevedere l’avvento delle bibite alcoliche
alcol-free, nelle quali un processo di separazione attuato in laboratorio
permette l’interruzione della fermentazione alcolica degli zuccheri da parte
del lievito, raggiungendo il tasso alcolico desiderato.

Come viene prodotta la birra analcolica?

Innanzitutto per comprendere il processo di produzione di un prodotto
analcolico bisogna prima comprendere appieno la maniera con la quale tale
prodotto viene realizzato.

La birra si riferisce a una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione
del malto, dell’orzo e di altri cereali, con aggiunta aromatizzante del
luppolo e infine dell’anidride carbonica (CO2). Le sue origini sono
antichissime: si pensa infatti che la prima produzione di bevande fermentate
sia partita all’epoca degli Assiro-Babilonesi e Sumeri.

Dal prodotto così ottenuto però si può raggiungere anche un altro risultato,
differente in quanto caratterizzato da una percentuale di alcol decisamente
inferiore – ma non assente!

La birra analcolica infatti viene canonicamente definita quale “prodotto con
grado saccarometrico o zuccherino in volume inferiore a 3 e non superiore a
8, dove per grado saccarometrico si intende la quantità di zuccheri presenti
nel mosto prima della fermentazione”. Non esiste una corrispondenza precisa
tra grado alcolico e grado zuccherino, ma in linea di massima si considera
che 1 grado alcolico corrisponda a circa 3 gradi saccarometrici, dunque più
sarà alta la percentuale del volume alcolico della birra e più alto sarà il
grado saccarometrico.

La percentuale alcolica di una birra analcolica – per intenderci – è del
massimo 1,3% solo nel contesto italiano, perchè il dato varia di paese in
paese – in Germania è dello 0,5% mentre negli USA arriva allo 0,4%.

Per privare il prodotto dell’alcol bisogna intervenire nel processo di
fermentazione, responsabile della comparsa dell’alcol all’interno del
prodotto. Nella birra classica l’alcol e la CO2 si ottengono attraverso la
fermentazione degli zuccheri da parte del lievito; al contrario, nel
prodotto alcol-free, si interrompe la fermentazione quando si raggiunge il
quantitativo desiderato di alcol oppure si utilizzano mosti con un ridotto
quantitativo di zuccheri fermentescibili.

La birra analcolica presenta un sapore meno intenso di quella normale, un
apporto calorico decisamente più basso e una vasta quantità di nutrienti –
quali potassio, magnesio e vitamine del gruppo B – importanti per il nostro
organismo.

RIMINI TODAY

Inaugura il bar senza bevande alcoliche, sul web è bufera. “Razzismo e odio
contro i musulmani”

I Giovani Musulmani dopo l’inaugurazione del bar: “Se in futuro leggeremo
ancora messaggi offensivi e aggressivi, saranno tutti denunciati. Preghiamo
per una convivenza pacifica tra italiani e stranieri”

Midul Sidkar vive da 20 anni in Italia e ha realizzato il suo sogno. Aprire
un nuovo bar con la sua famiglia a Borgo Marina. Al giorno
dell’inaugurazione, lo scorso mercoledì 1° marzo, ha partecipato anche il
sindaco Jamil Sadegholvaad. Midul è originario del Bangladesh e ha
raccontato come nel suo locale proporrà bevande analcoliche e non ci saranno
stuzzichini a base di carne di maiale, nel rispetto della sua religione di
appartenenza. Ma la storia, di integrazione e di desiderio di fare impresa,
ha finito per generare un polverone. Specialmente sui social, dove si è
innescata una polemica “con discorsi razzisti e di odio”. A scrivere tutto
il loro disappunto sono i componenti del gruppo Giovani Musulmani. Che hanno
deciso di non lasciare sotto traccia la vicenda e di raccontare l’accaduto
attraverso una lettera al giornale. “Ci congratuliamo e ringraziamo il
giovane Midul Sidkar, dopo tanti sacrifici e un duro lavoro, insieme alla
sua famiglia, è riuscito a riaprire lo storico Bar Marittimo di Borgo Marina
– scrivono -. Ci dispiace molto, aver letto alcuni commenti discriminatori
sui social network, di discorsi razzisti e di odio, nei confronti dei
migranti e dei musulmani onesti che vivono nel Borgo Marina, se in futuro
leggeremo ancora messaggi offensivi e aggressivi, saranno tutti denunciati
alle autorità competenti”.

In questi anni il Borgo Marina con il fenomeno immigratorio è cambiato
molto, diventando sempre più un quartiere multietnico, multireligioso e
multiculturale, “che secondo noi è una ricchezza e un valore aggiunto per
tutta la città”, raccontano i Giovani Musulmani. Anche il sindaco
Sadegholvaad aveva sottolineato l’importanza di una città sempre più
accogliente: “Una scommessa imprenditoriale e una bella storia di
integrazione. In bocca al lupo”, aveva scritto via social.

Ma ci sono ancora da fare molti passi in avanti. Come auspicano i Giovani
Musulmani: “Preghiamo sempre per una convivenza pacifica tra italiani e
stranieri”. In conclusione non nascondono che anche loro vorrebbero un Borgo
Marina più accogliente: “Non nascondiamo che il quartiere ha una serie di
problemi, degrado, legalità…, sui quali non bisogna chiudere un occhio,
cercando una soluzione e affrontando il problema tutti insieme. Invitiamo
tutta la cittadinanza a venire al Bar Marittimo e a visitare il Borgo Marina
e i suoi siti storici e monumentali”.

Associazione Nuovo Paradigma O.d.V. – C.F. 91071720931

Associazione Nuovo Paradigma O.N.L.U.S. – C.F. 91071720931