Alcologiarassegna stampa su vino, birra e altri alcolici del 20 gennaio 2025

20 Gennaio 2025
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RASSEGNA STAMPA SU VINO, BIRRA E ALTRI ALCOLICI

A cura di Roberto Argenta, Guido Dellagiacoma, Alessandro Sbarbada

IL GIORNO

La morte di Jenny. Confessa tutto l’amico al volante: “Sì, ho bevuto”

Ha confessato tutto. Che era lui al volante, di essere ubriaco, che correva
a 150 chilometri all’ora ma di non rendersene nemmeno conto. A testimoniarlo
ci sono del resto diversi video che lo immortalano mentre sfreccia sia sulla
Statale 36, sia sulla Sp 72, almeno un paio ripresi poche decine di secondo
e poche centinaia di metri prima dello schianto. Come e perché sia avvenuto
di preciso l’incidente però nemmeno lui lo sa. “Non me lo ricordo”, giura
Massimo F., il 22enne di Lecco che, all’alba di venerdì mattina della
passata settimana, guidava la Bmw Serie 1 su cui si trovava anche Jenny, la
ragazzina di 13 anni morta lo scorso giovedì dopo una settimana di coma
irreversibile. Massimo è indagato per omicidio stradale.

Al momento è a piede libero, ma il magistrato incaricato del caso potrebbe a
breve assumere altri provvedimenti restrittivi: per valutare come procedere,
starebbe attendendo solo l’esito degli ultimi accertamenti e le verifiche
dell’esito dell’alcoltest a cui Massimo è stato sottoposto dopo l’incidente,
nonostante sia scappato dall’ospedale proprio per evitare le analisi del
sangue. Michele, l’altro ragazzo di 19 anni anche lui a bordo, a cui
appartiene la macchina che però non guidava perché non ha la patente, non
sembra invece sia sotto inchiesta. Né Massimo, né Michele hanno partecipato
al funerale di Jenny, celebrato sabato, sia per non acuire il dolore dei
genitori, sia per timore di rappresaglie: entrambi continuano infatti a
ricevere messaggi di minaccia. “Se oggi Jenny potesse ancora parlarci, ai
suoi coetanei e ai suoi amici direbbe di gestire bene la propria libertà e
di scegliere bene per se stessi e per gli amici”, il commento del sindaco
Mauro Gattinoni a quanto accaduto.

Daniele De Salvo

GAZZETTA D’ALBA

Go wine: il mondo del vino chieda modifiche al codice della strada

REGGIO EMILIA L’associazione albese Go wine ha riunito sabato scorso a
Reggio Emilia i delegati e soci promotori dalle varie aree d’Italia. Il
meeting ha permesso di discutere programmi e attività del 2025, ma è stato
anche l’occasione per affrontare la situazione che si è creata dopo le
recenti modifiche al Codice della strada. Al termine della riunione è stato
approvato un documento che esprime il punto di vista dell’associazione.

Il tema è uno solo: l’inasprimento (ritenuto eccessivo) delle sanzioni
legate al superamento della soglia dello 0,5 g/l del tasso alcolemico (nella
fascia fra lo 0,5 e lo 0,8). In un impianto normativo che è intervenuto con
una stretta per contrastare condotte come la guida con l’uso del telefonino
o con l’assunzione di sostanze stupefacenti, si è ritenuto di aggravare
anche le sanzioni già esistenti sulla soglia del tasso alcolemico dello 0,5
g/l (che era già disciplinata da molti anni). Dichiara Massimo Corrado,
presidente di Go wine: «La domanda che ci poniamo è: era davvero il caso di
intervenire ancora su questa particolare soglia? Non stiamo parlando dello
scalino successivo (quello dello 0,8), che va a toccare chi ha un
atteggiamento diverso nei confronti dell’alcol e del consumo. Lo 0,5 era ed
è una sorta di soglia di ingresso che va invece a generare preoccupazioni
(diciamo anche terrore visto il clamore mediatico che si è creato dopo il 14
dicembre) verso un consumatore attento che degusta più che bere, che
assaggia, che apprezza il vino in un determinato modo. Qui la soglia dello
0,5 è un dato che ora spaventa per l’inasprimento delle sanzioni. Non ci
dev’essere un permissivismo sbagliato, ma una norma che già prevedeva la
decurtazione di punti sulla patente era più che sufficiente come forma di
deterrenza. Non era il caso di creare terrorismo».

Il documento di Go wine, prosegue Corrado, evidenzia tre grandi questioni
che la vicenda ha innescato. La prima è la riduzione dei consumi, che sta
causando un grave danno a tutto il settore, sia per il terrore mediatico che
si è creato, sia per i timori indotti in un consumatore che è per sua natura
moderato, che degusta e non beve, che non cerca lo sballo con l’alcol. «Da
alcune settimane si sta verificando una preoccupante riduzione dei consumi
con il rischio che questa normativa possa compromettere un lavoro di anni da
parte di vignaioli, consorzi ed enti per affermare identità e qualità del
vino italiano. La cosa paradossale è che abbiamo avversato per anni il
rischio di politiche vessatorie da parte di Bruxelles, ora ci dobbiamo
confrontare con una normativa costruita in casa».

La seconda questione riguarda il rischio di accomunare il vino ai
superalcolici o, peggio ancora, alle sostanze stupefacenti valorizzando
elementi negativi che, con messaggi confusi e indifferenziati, possono
allontanare i consumatori e danneggiare il sistema. «Una sanzione eccessiva
sulla soglia dello 0,5 può recare un messaggio sbagliato anche per
l’immagine del prodotto, dimenticando che il vino è una delle eccellenze del
Made in Italy, appartiene alla cultura rurale del nostro Paese, è portatore
di tradizioni e civiltà, è fonte di sviluppo economico e sociale, con il
vigneto che da sempre è espressione di bellezza e di presidio ambientale in
tanti luoghi d’Italia», prosegue il documento di Go wine.

Il terzo aspetto riguarda i potenziali danni per l’enoturismo. Nei territori
del vino dove gli enoturisti promuovono percorsi in auto per visitare le
cantine, consumare pasti in ristoranti e organizzare itinerari sono
praticamente inesistenti gli incidenti stradali dovuti all’assunzione
smodata di alcol. Eppure questa nuova normativa genera apprensione per
questo settore che è diventato negli anni un fattore di sviluppo economico
per molti territori che non avevano in precedenza una politica turistica.

Intanto, per offrire sicurezza e servizio nei prossimi eventi Go wine
metterà a disposizione un etilometro professionale, una forma di attenzione
a favore dei soci e di quanti si avvicineranno alle attività
dell’associazione.

Inoltre, Go wine rivolge un appello alle organizzazioni del settore perché
facciano sistema e possano proporre una revisione o modifiche alla
disposizione contestata, fornendo numeri e dati statistici che, al di là di
espressioni generiche, possano dare sostegno alle argomentazioni. Come per
esempio un’indagine che i grandi Consorzi del vino potrebbero avviare nei
loro territori per documentare quali sono i numeri effettivi di incidenti
stradali cagionati da soggetti che riscontravano un tasso alcolemico fra lo
0,5 e lo 0,8. Far cioè capire che è semmai la soglia dello 0,8 quella che
può indicare un comportamento negativo verso l’alcol da reprimere (*); la
soglia dello 0,5 era già sufficientemente sanzionata.

(*) Nota: occhio che se la rilevazione dell’alcolemia viene fatta a tappeto,
ad ogni sinistro stradale, ma davvero a tutti i casi, il dato dell’incidenza
dei valori compresi tra 0,5 e 0,8 (e magari anche tra 0,2 e 0,5) potrebbe
sorprendere GOWINE e rivelarsi, per i loro intenti, un clamoroso autogol.

L’ARENA di Verona

tasso alcolemico quattro volte il consentito

Ubriaco al volante, esce di strada e «vola» nel campo: sospesa la patente a
un 25enne

Alessandra Vaccari

È accaduto in strada dell’Alpo intorno alle tre di notte. Quando riavrà la
patente, per il giovane previsti tre anni di alcol zero alla guida in quanto
neopatentato

Ha fatto tutto da solo, complice evidentemente il tasso alcolemico quattro
volte superiore al consentito. Un venticinquenne ha perso il controllo della
sua auto ed è uscito di strada, la notte scorsa, intorno alle tre, mentre
viaggiava a Verona in Strada dell’Alpo, abbattendo una recinzione e volando
nel campo a lato della carreggiata. Il giovane è rimasto miracolosamente
illeso.

La fortuna ha voluto anche che, vista l’ora, nessun altro transitasse in
quel preciso momento.

«Per lui però, dopo la sentenza del procedimento penale, la scure prevista
dal nuovo codice della strada», spiega Luigi Altamura, comandante della
Polizia Locale, che è intervenuta per i rilievi: «La sospensione patente da
due a quattro anni e, appena riavuta la patente – novità in vigore appunto
da dicembre – tre anni di alcol zero alla guida in quanto neopatentato».

BNEWS.UNIMIB.IT

Dry January: un mese senza alcol tra salute e socialità

Enzo Scudieri

Lasciate alle spalle le feste natalizie, sono sempre più le persone che
cercano di iniziare il nuovo anno con buoni propositi, anche sotto l’aspetto
della salute e dell’alimentazione. E così il mese di gennaio è spesso
sinonimo di detox.

Tra le varie diete e abitudini alimentari, da alcuni anni sta prendendo
sempre più piede, soprattutto tra i giovani della generazione Z, il Dry
January.

Iniziativa nata nel Regno Unito nel 2013 e rapidamente diffusasi in tutto il
mondo, il Dry January è stato promosso inizialmente dall’associazione
Alcohol Change UK per invitare le persone a rinunciare al consumo di alcol
per l’intero mese di gennaio. L’obiettivo è sensibilizzare sull’impatto
dell’alcol sulla salute, favorire abitudini più sane e offrire una pausa di
benessere dopo gli eccessi delle festività.

Questo fenomeno ha trovato terreno fertile grazie al crescente interesse
verso stili di vita salutari, con il supporto di campagne mediatiche che ne
amplificano il messaggio. Influencer e piattaforme digitali giocano infatti
un ruolo chiave nella promozione, creando così una vera e propria community
globale di partecipanti.

Con il Professor Oscar Ricci, docente di sociologia dei processi culturali e
comunicativi, e la professoressa Paola Palestini, coordinatrice del Master
ADA Alimentazione e Dietetica Applicata del Dipartimento di Medicina e
Chirurgia di Bicocca, approfondiamo questo fenomeno.

Professor Ricci, in che modo le dinamiche sociali e culturali, insieme al
ruolo dei media digitali, hanno contribuito alla crescente popolarità del
Dry January?

La dinamica del Dry January si inserisce nel fenomeno più ampio delle online
challenges, che negli ultimi anni hanno acquisito una popolarità crescente
grazie alla pervasività dei media digitali e delle piattaforme social.
Queste sfide funzionano come esperimenti collettivi di auto-miglioramento o
di sensibilizzazione, sostenuti da una narrativa partecipativa e da
meccanismi di riconoscimento sociale.

Dal punto di vista sociale e culturale, il Dry January risponde quindi a due
dinamiche principali. La prima è il desiderio crescente di pratiche di
autocontrollo e benessere, che riflette una cultura ossessionata dalla
salute, dall’ottimizzazione personale e dal self-tracking. In questo
contesto, il non bere alcol per un mese diventa non solo un atto personale,
ma un comportamento esibito pubblicamente, che conferisce prestigio sociale
a chi lo compie.

La seconda dinamica riguarda l’effetto amplificatore dei media digitali. Le
piattaforme social infatti creano uno spazio ideale per la diffusione virale
di queste sfide, alimentate da hashtag dedicati (#DryJanuary) e dalla
condivisione di esperienze personali. I contenuti generati dagli utenti —
che includono aggiornamenti, riflessioni e persino consigli — costruiscono
così una narrazione collettiva che rafforza l’identificazione con la sfida e
promuove un senso di appartenenza alla comunità.

Quale impatto hanno le campagne mediatiche sulla percezione pubblica e
sull’adozione di questa pratica come scelta di benessere? E quali i risvolti
nella quotidianità e nelle occasioni di socialità?

Il Dry January può essere un’occasione per ridefinire le abitudini
personali: rinunciare all’alcol per un mese spesso porta le persone a
riflettere sul proprio rapporto con il consumo e a esplorare alternative,
come bevande analcoliche o nuove routine serali. Per alcune persone questa
iniziativa rappresenta anche l’occasione di sperimentare forme di socialità
completamente nuove, svincolate dalla centralità dell’alcol.

Ovviamente però si possono riscontrare anche delle criticità: dal punto di
vista della socialità infatti se è vero che per alcune persone il Dry
January diventa l’occasione di sperimentare forme di interazione nuove e più
autentiche, per altre potrebbe accentuare un senso di isolamento. Infatti,
in contesti sociali dove il consumo di alcol è profondamente radicato – come
feste, incontri di lavoro o celebrazioni familiari – la decisione di
astenersi può essere vissuta come una rottura rispetto alle aspettative del
gruppo.

Un altro elemento critico è rappresentato dall’influenza delle logiche
commerciali che si intrecciano con queste campagne. L’industria delle
bevande analcoliche, per esempio, ha abbracciato il Dry January come
un’opportunità di mercato, promuovendo una vasta gamma di prodotti
specifici.

Se quindi sociologicamente il mese senza alcol rappresenta un fenomeno
collettivo di autocontrollo e adesione a valori salutistici, spesso
influenzato dai media, allo stesso tempo questo tipo di iniziative possono
avere importanti risvolti per la salute della popolazione.

Professoressa Palestini, quali sono i principali benefici fisiologici e
psicologici che si possono osservare in un mese di astinenza dall’alcol? E
come possono incidere sulla salute generale nel lungo termine?

In primo luogo bisogna chiarire che l’OMS definisce l’alcol una sostanza
cancerogena e non ci sono quantità al di sotto delle quali il rischio è
nullo. Negli anni è stata definita la quantità di alcol dove il rischio è
più basso non escludendo però che in individui sensibili anche questa dose
può aumentare la probabilità di un tumore.

La dose giornaliera è un bicchiere per le donne e un bicchiere e mezzo per
gli uomini e le persone che assumono queste quantità e occasionalmente 1/2
bicchiere in più possono essere definiti dei bevitori moderati.

In uno studio del 2018* che ha indicato gli effetti di una corta astinenza
da alcol, i bevitori moderati coinvolti dopo un mese hanno sperimentato
alcuni effetti positivi evidenti, quali una migliore qualità del sonno e
della pelle, una perdita di peso e una diminuzione della pressione
sanguigna. Quindi certamente possiamo dire che l’astinenza da alcol ha
effetti positivi ma come ha detto l’epatologo inglese che ha condotto lo
studio sopra citato, “non credo sia stato dimostrato scientificamente che
una disintossicazione di un mese possa costituire una sorta di pulizia di
primavera che ti prepara per il resto dell’anno”.

Infatti, basta iniziare nuovamente a bere che tutto ritorna come prima. E
rinunciare all’alcol per 31 giorni per poi tornare a bere in eccesso, non
cambia la vita. Il Dry January dunque ha successo se sono coinvolti i
bevitori moderati, ed è l’occasione per confrontarsi con se stessi, bere più
consapevolmente e riportare l’alcol a quello che dovrebbe essere: una
degustazione! (*)

I consumatori assidui invece potrebbero sperimentare una crisi di astinenza
se decidessero di smettere improvvisamente. Oppure aumentare il rischio di
effetto rebound, ovvero la possibilità che l’interruzione sia seguita
successivamente da un consumo superiore rispetto al consueto.

Quali strategie consiglierebbe per supportare chi intraprende il Dry
January, in modo da massimizzare i benefici per la salute e rendere più
semplice mantenere un rapporto equilibrato con l’alcol anche dopo la fine
del mese?

Il Dry January è una iniziativa volontaria e intrapresa da chi vuole
limitare il consumo di alcolici e quando le persone si rendono conto dei
benefici riscontrati possono essere più propense a continuare a ridurre (*)
la quantità di bevande alcoliche.

Questo periodo è anche un’occasione per conoscere e degustare le birre ZERO,
sempre più presenti sul mercato, che grazie alle nuove tecniche di
dealcolizzazione, offrono dei prodotti ottimi dal punto di vista sensoriale,
uguali alle sorelle alcoliche. Oppure i vini dealcolati, ancora pochi sul
mercato ma che saranno sicuramente in espansione nei prossimi anni (Schenk
,24 ORE)**.

Avere il controllo sull’assunzione dell’alcol è quindi determinante perché
l’alcol è una sostanza d’abuso che porta dipendenza anche in modo maggiore
di alcune droghe e il controllo spesso è molto difficile…

Per questo motivo dunque consiglio a tutti la visione di questo bellissimo
film del 2020, Un altro giro (Druk) di Thomas Vinterberg.

Referenze

*Mehta et al. 2018 Short-term abstinence from alcohol and changes in
cardiovascular risk factors, liver function tests and cancer-related growth
factors: a prospective observational study BMJ doi:
10.1136/bmjopen-2017-020673

*Sondaggio
<www.drugsandalcohol.ie/32647/1/R-de-Visser-Dry-January-evaluation-2
019.pdf>
www.drugsandalcohol.ie/32647/1/R-de-Visser-Dry-January-evaluation-20
19.pdf

**
www.ilsole24ore.com/art/schenk-porta-italia-sua-produzione-vini-deal
colati-AGes44CC?&ml_sub=2656583485669513019&ml_sub_hash=k0v5&utm_source=news
letter&utm_medium=email&utm_campaign=primo_cioccolato_igp_produzione_di_vini
_dealcolati&utm_term=2025-01-13

(*) Nota: “il nostro sguardo concorre a determinare la realtà che riconosce”
(don Tonino Bello).

Dalle parole della professoressa, si capisce che, dal suo punto di vista,
l’ipotesi che una persona, non bevendo per un mese, scopra che si sta meglio
a non bere che a bere, e quindi possa decidere di continuare in sobrietà,
non è contemplata.

COMUNE DI EMPOLI

Sicurezza, stretta sull’alcol: ordinanze ne vietano la vendita dal
pomeriggio in zona stazione. Chiusura anticipata per molti esercizi e
distributori automatici che vendono alcolici

Mantellassi: “Siamo precursori di una regolamentazione in termini di
sicurezza che farà del bene a tutta la città”

L’amministrazione comunale ha deciso una stretta ulteriore sul tema
sicurezza nell’area della stazione e del centro storico. Lo ha fatto con due
ordinanze firmate dal sindaco Alessio Mantellassi, che introducono nuove
limitazioni in zone considerate sensibili.

La numero 27 del 20/1/2025, disciplina una stretta sugli orari di chiusura
degli esercizi di vicinato alimentare non oltre le 21 e quelli di attività
prevalente di artigianato alimentare non oltre le 22.30 nelle seguenti aree:
via Marchetti, piazzetta della Madonna della Quiete, via Giuseppe Del Papa,
piazza Don Minzoni, via Palestro e via Spartaco Lavagnini.

Inoltre si ordina alle attività di vendita al dettaglio dei distributori
automatici (categoria alimentare, non alimentare e di somministrazione)
presenti all’interno dell’area pedonale e della Ztl di Empoli di cessare le
attività dalle 21 di sera alle 7 del mattino. L’ordinanza è valida fino al
30 giugno 2025.

La numero 26 del 20/1/2025, punta invece sul divieto di vendita di bevande
alcoliche in orario pomeridiano e serale per gli esercizi commerciali di
piazza Don Minzoni, via Palestro, via Curtatone e Montanara e viale San
Martino. In quelle zone viene vietata la vendita per il solo asporto di
bevande alcoliche dalle 15 alle 3 del mattino successivo, riferendosi agli
esercizi in cui è consentita la somministrazione di bevande alcoliche solo
all’interno del locale e nelle sue pertinenze solo previo sbicchieramento.
Viene vietata in modo assoluto invece la vendita di bevande alcoliche dalle
15 alle 22.30 per gli esercizi di vicinato alimentare e quelli con attività
prevalente di artigianato alimentare. Anche questa ordinanza è valida fino
al 30 giugno 2025.

Le ordinanze vanno dunque a limitare, e laddove possibile, eliminare la
vendita di alcol in alcuni momenti specifici della giornata, quando in
passato erano state raccolte segnalazioni da parte di commercianti e
residenti di disturbo della quiete pubblica ed eventi di microcriminalità
legati anche a persone che avevano fatto uso e abuso di alcolici. Lo si va a
fare in un’area sensibile, quella del centro e della vicina stazione
ferroviaria, dove l’amministrazione comunale era già intervenuta limitando
gli orari di apertura di alcuni esercizi commerciali segnalati alla
prefettura dalle forze dell’ordine perché in passato frequentati da persone
che sono state oggetto di denuncia o arresto.

L’oggetto delle ordinanze firmate oggi è stato a lungo discusso e condiviso
con la Prefettura, le forze dell’ordine e di polizia, partendo dagli effetti
delle ordinanze legate alla chiusura, per poi arrivare all’ulteriore stretta
di questi giorni, ritenendo che questi provvedimenti potranno essere
efficaci a beneficio della cittadinanza e dei commercianti.

“Abbiamo studiato molto per un intervento puntuale ed efficace di questo
tipo – così commenta il sindaco Alessio Mantellassi -, considerando il buon
esito di quanto iniziato dalla precedente amministrazione e proseguito con
la nostra giunta. Dopo l’approvazione in Consiglio comunale delle modifiche
al regolamento di polizia urbana, siamo a un vero e proprio punto di svolta.
Quello di Empoli è un provvedimento finora inedito in altre parti d’Italia,
siamo i precursori di una regolamentazione in termini di sicurezza che
crediamo possa fare del bene a tutta la città. Salvaguardiamo esercizi
commerciali come pub e ristoranti, obbligando loro a non vendere bevande da
asporto ma consumandole solo nelle pertinenze. Per gli altri negozi di
vicinato e per i distributori automatici di alcolici dovevamo però imporre
una limitazione forte per le ore notturne e così è stato. Ringrazio del
prezioso contributo la polizia di Stato, carabinieri e polizia municipale
per questo percorso elaborato assieme, sono molto soddisfatto dei documenti
prodotti finora”.

“Queste ordinanze – afferma l’assessora alla Sicurezza, Valentina Torrini –
non riguardano solo l’area della stazione, ma pure quelle del centro
storico, per dare un’ulteriore risposta agli esercenti che ci chiedono di
mettere in campo le misure necessarie per continuare a garantire un buon
livello di decoro e sicurezza urbana. Mi soffermo su un punto che rischia di
essere trascurato ma che è fondamentale: viene vietata la vendita di alcol
nei distributori automatici H24. (*) L’idea nasce da alcune segnalazioni
ricevute dai residenti del centro e dalle verifiche della nostra polizia
municipale. L’obiettivo è quello di prevenire assembramenti notturni che
possono disturbare la sicurezza pubblica e si rivolge ai distributori
automatici, in cui non ci sono commercianti a controllare personalmente la
vendita di bevande alcoliche e, in particolare, a verificare che persone già
in stato di ebbrezza non acquistino alcolici. La speranza è che, affiancando
provvedimenti come questi ad altri di natura sociale e culturale sui quali
stiamo lavorando, possa essere arginato il fenomeno del degrado, che tocca
da vicino tutte le città più affollate e con scali ferroviari importanti”.

(*) Nota: questo punto è davvero importante, bene ha fatto il sindaco a
sottolinearlo.

L’UNIONE SARDA

Carbonia: ubriaco e geloso, distrugge casa, insulta e minaccia la moglie.
Arrestato 43enne

La stessa vittima ieri sera ha chiesto l’intervento dei carabinieri
nell’abitazione a Cortoghiana

Torna a casa ubriaco, distrugge gli arredi, insulta e minaccia la moglie.

Un uomo di 43 anni è stato arrestato ieri sera a Carbonia, i carabinieri
sono intervenuti in un’abitazione nella frazione di Cortoghiana su richiesta
della moglie 44enne, che per paura della sua incolumità e in preda a un
forte stato d’ansia ha chiamato il 112.

La lite, hanno ricostruito i militari, è nata per motivi di gelosia
aggravati dall’abuso di alcol da parte dell’uomo. Il 43enne ha danneggiato
gli arredi della casa coniugale, insultando la moglie e minacciandola.

I carabinieri hanno gestito la situazione evitando che la lite degenerasse
ulteriormente e, una volta messa in sicurezza la vittima, hanno tratto in
arresto l’uomo, portato nel carcere di Uta.

MSN.COM

Stop alcol, il nuovo codice della strada sta rovinando l’economia

Storia di Daniele Magliuolo

Il nuovo Codice della Strada, entrato in vigore il 14 dicembre 2024, ha
scatenato un vero e proprio terremoto nel settore della ristorazione, in
particolare a Roma. Pur non modificando i limiti di alcol consentiti per i
conducenti, l’introduzione di sanzioni più severe per chi supera tali limiti
ha spinto molti consumatori a rivedere le proprie abitudini. Il risultato è
una drastica riduzione del consumo di bevande alcoliche nei ristoranti, con
effetti preoccupanti per l’intero comparto enogastronomico.

Tra i primi a lanciare l’allarme c’è Carlo Muzi, titolare della celebre
pizzeria La Montecarlo. Muzi ha osservato che “non beve più nessuno” tra i
suoi clienti, evidenziando come il nuovo Codice della Strada abbia generato
un clima di paura. Anche Roberta Pepi, proprietaria del ristorante Da
Robertino, ha confermato che i clienti evitano sempre più spesso il vino,
temendo il ritiro della patente anche per un bicchiere di troppo. Questi
timori non sono del tutto infondati: le nuove normative prevedono multe
salate, il ritiro immediato della patente e, in alcuni casi, procedimenti
penali.

I ristoratori sottolineano però come la percezione di tolleranza zero sia
amplificata da una comunicazione eccessivamente allarmistica (*), che
rischia di danneggiare un settore già colpito da altre crisi negli ultimi
anni, come la pandemia e l’aumento dei costi energetici. L’impatto di queste
nuove abitudini si riflette direttamente sul mercato del vino, uno dei
pilastri della tradizione enogastronomica italiana. Secondo i dati forniti
da alcuni fornitori, la domanda di vino nei ristoranti è in calo, e sempre
più clienti preferiscono evitare di ordinare bottiglie, optando al massimo
per un calice.

Questo fenomeno ha portato alcuni ristoratori a diversificare l’offerta,
introducendo vini a basso contenuto alcolico o addirittura dealcolati, per
venire incontro alle esigenze di una clientela sempre più cauta. A Roma,
città che storicamente rappresenta uno dei mercati più dinamici per il
settore della ristorazione, il calo del consumo di vino si sta traducendo in
una contrazione degli incassi, mettendo a rischio molte attività. Secondo
alcune stime, la riduzione del consumo di alcolici potrebbe causare una
perdita del 10-15% nei fatturati annuali dei ristoratori, con conseguenze a
cascata sull’intera filiera produttiva. (**)

Le strategie per affrontare la crisi

In risposta a questa situazione, molti ristoratori stanno cercando di
adattarsi, introducendo soluzioni innovative per non perdere clientela. Una
delle strategie più diffuse è l’offerta di “wine bag”, che permette ai
clienti di portare a casa il vino non consumato, riducendo gli sprechi e
incentivando comunque l’acquisto di bottiglie. Un’altra iniziativa
interessante è la collaborazione con servizi di noleggio con conducente
(NCC), che consentono ai clienti di cenare senza preoccuparsi delle
conseguenze legate alla guida in stato di ebbrezza.

Parallelamente, alcune associazioni di categoria stanno promuovendo campagne
di sensibilizzazione per fornire informazioni corrette sulle normative.
L’obiettivo è quello di contrastare la percezione di un divieto assoluto,
favorendo invece un consumo responsabile che non penalizzi i ristoratori.

Stop alcol, un fenomeno che potrebbe estendersi

Sebbene Roma sia la città più colpita, il fenomeno del calo del consumo di
alcolici si sta diffondendo anche in altre grandi città italiane. Milano,
Torino e Napoli stanno registrando tendenze simili, con ristoratori che
lamentano una riduzione degli ordini di vino e alcolici. Questo scenario
evidenzia come le nuove norme stiano cambiando radicalmente le abitudini dei
consumatori italiani, portando a una trasformazione del settore della
ristorazione.

Il nuovo Codice della Strada ha avuto un impatto profondo sul settore della
ristorazione, costringendo i ristoratori ad affrontare una nuova crisi. La
combinazione di sanzioni più severe e di una comunicazione percepita come
allarmistica ha portato molti consumatori a evitare il consumo di alcolici
fuori casa, con ripercussioni economiche significative.

È fondamentale che le istituzioni e le associazioni di categoria lavorino
insieme per trovare soluzioni che bilancino la sicurezza stradale con la
necessità di sostenere un settore economico vitale come quello della
ristorazione. Solo attraverso un approccio equilibrato e una comunicazione
efficace sarà possibile superare questa nuova sfida senza compromettere la
ricchezza della tradizione enogastronomica italiana.

In sintesi…

-Il nuovo Codice della Strada, con sanzioni più severe, ha portato a un calo
drastico del consumo di alcolici nei ristoranti, causando una crisi
economica per i ristoratori, soprattutto a Roma.

-I ristoratori stanno adottando strategie come l’offerta di “wine bag” e la
collaborazione con servizi NCC per mitigare le perdite e adattarsi alle
nuove abitudini dei consumatori.

-La percezione di tolleranza zero verso l’alcol, alimentata da una
comunicazione allarmistica, sta trasformando il settore della ristorazione e
richiede interventi per bilanciare sicurezza stradale ed esigenze
economiche.

(*) Nota: la nostra rassegna stampa documenta da giorni come questo tipo di
comunicazione sia perlopiù alimentato proprio da ristoratori, vignaioli, e
dai loro rappresentanti.

(**) Nota: se davvero le vendite di bevande alcoliche a chi, uscito dal
locale, si metteva al volante incidevano così tanto nel guadagno dei
ristoratori, significa che intervenire per reprimere i comportamenti di
tutti questi incoscienti patentati era essenziale ed urgente.

Va sempre ricordato che il messaggio da promuovere per la sicurezza stradale
è che chi beve poi non guida.

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

Avigliano, ubriaco tenta di uccidere la moglie: arrestato 66enne

POTENZA – Un uomo di 66 anni è stato arrestato dai Carabinieri, ad Avigliano
(Potenza), con l’accusa di maltrattamenti in famiglia e tentato omicidio
della moglie. I militari sono intervenuti su richiesta della sorella della
donna, aggredita e picchiata dall’uomo per motivi banali e in stato di
ebbrezza alcolica. La donna è stata trovata riversa sul letto, «con addosso
i chiari segni dell’aggressione subita”: il marito era in un’altra stanza,
ancora ubriaco. Il gip presso il Tribunale di Potenza ha convalidato
l’arresto disponendo la custodia cautelare in carcere dell’uomo.

OPEN

Vino senza alcol, c’è chi dice no: «È una bevanda identitaria e va
rispettata»

Alessandro D’Amato

Mentre i consumi scendono e il codice della strada prevede pene più severe,
la dealcolazione comincia a conquistare spazio. Ma…

Dal 20 dicembre scorso il vino senza alcol è una realtà industriale. Il
governo ha emesso il decreto che dà il via libera alla dealcolazione a 12
anni di distanza dal regolamento dell’Unione Europea 1308/2013. Per
sottrarre alcol al vino e ottenere un prodotto che che va da 0 a 0, 5%
(dealcolati) e da 0, 5% a 8, 5% (parzialmente dealcolati). Sono esclusi dal
procedimento i vini Igt, Doc e Docg. E così, mentre i consumi scendono (nel
2024 rispetto al 2019 le vendite di vino fermo sono calate del 12%) e il
codice della strada sanziona con pene più severe chi guida in stato di
ebbrezza, la dealcolazione comincia a conquistare spazio.

La dealcolazione

«In Italia c’è un’intera vendemmia di vino invenduto che giace nelle
cantine, circa 40 milioni di ettolitri. Ci sono aziende che vendono lo sfuso
a meno 1 euro al litro. La dealcolazione è una possibilità per ridurre le
giacenze. E chi pensa che si stia parlando di un prodotto a buon mercato, si
sbaglia: il prezzo dei dealcolati è più alto perché vanno messi in conto i
costi dell’investimento e della lavorazione», spiega a La Stampa Paolo
Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini. Questo perché «il
70% delle persone nel mondo non beve alcol. E molti, che lo amano, devono
rinunciarci per motivi di salute. Il dealcolato può essere un’alternativa».
Le bevande a base d’uva in cui la fermentazione alcolica del mosto viene
bloccata sul nascere sono già in vendita nella grande distribuzione. Da
Esselunga e alla Coop.

Il gusto

Il problema è il sapore. La dealcolazione riduce gli aromi. Ma la tecnologia
può supplire: «I dealcolati non si prestano a lunghe conservazioni in
cantina per l’assenza dell’alcol», dice Martin Foradori Hofstätter,
viticoltore altoatesino, che produce in Germania dal 2020 soprattutto
Riesling. «Noi consigliamo di consumare i nostri prodotti entro due anni
dalla produzione. Resta il fatto che solo da una materia prima di qualità si
riesce a produrre un dealcolato di alto livello. E noi puntiamo al top».

Ma Roberta Ceretto, produttrice dell’omonima cantina ad Alba, dice di no.
«Storicamente il vino contiene alcol. Siamo nati producendo e portando
avanti una tradizione millenaria. Nessuno dei produttori, secondo me, è
“contro” a prescindere, a maggior ragione in questa fase in cui, con il
nuovo codice della strada, sono state attivate sanzioni pesantissime per chi
beve più del consentito. Ma dà fastidio l’associazione della parola “vino”
con “dealcolato”. È sbagliato: il vino ha un processo di produzione che lo
porta ad avere l’alcol».

L’alcol e i giovani

Nelle Langhe si contesta anche la disaffezione dei giovani rispetto al vino:
«Vedo che l’età media di chi viene a visitare le nostre cantine si è
abbassata molto rispetto alla mia generazione. Nell’analisi dei consumi va
tenuto conto che negli ultimi due anni, dopo il biennio critico del Covid,
c’è stata un’euforia e i numeri mostrano che oggi c’è più morigeratezza nel
bere. C’è anche da dire che ora i portafogli sono meno pieni e il costo
della vita è aumentato. Ma il vino è una bevanda identitaria e va
rispettata».

INTRAVINO

Tutto quello che c’è da sapere sul neo-salutismo (che è qui per restare)

di Jacopo Manni

Negli Stati Uniti degli anni ’80 nasce il concetto di “neo-prohibitionism”.
Un pensiero critico che si sviluppa in seguito alle nuove ondate di
restrizioni e regolamentazioni che ricordavano molto il proibizionismo delle
prime decadi del ‘900.

Studiosi come David J. Hanson e Harry G. Levine hanno contribuito a definire
e analizzare il fenomeno, mettendo in evidenza i rischi di politiche
eccessivamente paternalistiche in un mondo terrorizzato da eventi che
risultano sinistramente simili a quelli che stiamo vivendo oggi.

Il contesto

Negli anni ’80, i paesi occidentali stavano vivendo un periodo di grandi
trasformazioni sociali, economiche e culturali, alimentando diverse ansie e
paure socialmente rilevanti. Questi timori derivavano sia da eventi globali
sia da cambiamenti locali, che influenzarono profondamente le mentalità
collettive. La tensione tra i due blocchi ideologici (capitalista e
comunista) era al suo culmine. La prospettiva di un olocausto nucleare
mordeva le caviglie e si scatenarono paure collettive legate al controllo
sociale e allo spionaggio corredate da relative psicosi complottiste.

La globalizzazione stava iniziando a creare una nuova economia
post-industriale con il relativo declino dell’industria tradizionale. Ma
sebbene fosse scoppiato un vero e proprio boom economico e tecnologico, con
la nascita di molti attuali player delle tech economy, la crescente
disuguaglianza economica generava ansia nelle classi medie e lavoratrici.

Il consolidarsi di politiche neoliberiste (Reagan negli USA e Thatcher nel
Regno Unito) sembrava rischiare di accentuare le disparità. La riduzione
dello Stato sociale in molti paesi portava a paure legate alla precarietà
lavorativa e alla perdita di accesso ai servizi pubblici. In tutto questo,
una pandemia globale come l’HIV, inizialmente associata a gruppi di
emarginati, generò panico morale e clima di terrore, discriminazione e paura
dell’altro.

La diffusione dei computer e delle reti elettroniche, pur promettendo
progresso, generava paure legate alla disoccupazione e alla crescente
dipendenza dalla tecnologia. Con i progressi nelle biotecnologie –
clonazione, manipolazione genetica – si diffondevano le prime paure etiche
legate alla “giocare a fare Dio”.

I cambiamenti culturali degli anni ’60 e ’70 – come l’emancipazione
femminile, i movimenti per i diritti civili e l’affermazione delle libertà
individuali – generavano ansia in alcuni settori della società, che
percepivano una perdita dei valori “tradizionali”.

L’ascesa della destra religiosa negli Stati Uniti e il ritorno al
conservatorismo morale in molte parti del mondo occidentale riflettevano la
reazione a cambiamenti percepiti, e politicamente cavalcati, come
destabilizzanti. La crescente immigrazione in paesi come Stati Uniti, Regno
Unito e Francia, portava a tensioni culturali e timori legati all’identità
nazionale. Cambiamenti globali e paura dell’ignoto iniziarono a essere temi
caldi e impattanti fino anche alle ansie climatiche. Questi ruggenti anni
’80 segnarono infatti l’inizio della consapevolezza globale su questioni
come il buco dell’ozono, la deforestazione e l’inquinamento. Film come
Soylent Green (in italiano malamente tradotto, as usual in: Ipotesi
Sopravvivenza) e campagne ambientaliste feroci, come il no al nucleare nella
nostra italietta, aumentarono l’ecoansia legata alla sostenibilità del
pianeta.

In questo mondo terrorizzato, e quindi manipolabile, presero campo tendenze
a utilizzare lo Stato e le Leggi per imporre attraverso la regolamentazione
nuovi-vecchi valori morali. La necessità politica dell’Occidente iniziava a
percepire come un dovere l’urgenza di varare politiche pubbliche “volte alla
salute collettiva”.

Ci fu una battaglia morale fortissima tra chi spingeva per un approccio
libertario e chi invece per uno moral-salutista.

È in questo momento, e in questo contesto geopolitico e sociale, che nasce
il neo-proibizionismo. Lo adottano tutti quegli studiosi che iniziano a
criticare, o sfacciatamente contestare, un approccio che consideravano
coercitivo. Un eccesso dogmatico, moralista e paternalista, che secondo loro
rischiava di riproporre le stesse conseguenze inattese del celebre movimento
ufficialmente nato con il Diciottesimo Emendamento della Costituzione
americana – ratificato il 16 gennaio del 1919 e che vietava la produzione,
il trasporto e la vendita di alcolici, e soprattutto metteva al bando
l’utilizzo, anche moderato, di qualsiasi sostanza alterante – ovvero:
aumento del crimine organizzato con contrabbando e mercato illegale, consumo
nascosto nel sottobosco illegale e corruzione dilagante degli stessi
funzionari pubblici dediti al controllo e alle attuazioni della legge.

Il confronto

Sebbene il contesto odierno sembri ricalcare con sorprendente precisione
quello degli anni ’80, le differenze sociali e culturali sono profonde e
tutt’altro che trascurabili. Non stiamo assistendo a una resurrezione del
proibizionismo, o neo-proibizionismo, bensì a qualcosa che esula da esso:
siamo entrati in un’epoca che ha scelto di abbracciare un salutismo
consapevole e articolato, che possiamo, senza esitazione, definire
neo-salutismo.

Qualcosa di diverso dal quel movimento salutista nato negli anni ’70. Questo
fenomeno, infatti, non si limita alla mera esaltazione del benessere fisico
ma riflette una trasformazione culturale più ampia, radicata nella
valorizzazione della salute individuale come espressione di identità e
scelta personale.

Questo cambio di prospettiva è evidente anche nei dati sul consumo di droghe
e alcol tra i giovani, che stanno sfidando le aspettative di molti esperti.
Secondo i risultati dello studio Monitoring the Future dell’Institute for
Social Research dell’Università del Michigan, il consumo di sostanze tra gli
adolescenti ha continuato a diminuire nel 2024, ampliando i cali storici
iniziati con l’insorgenza della pandemia nel 2020.

Richard Miech, responsabile del team di ricerca, ha commentato: “Mi
aspettavo che il consumo di droga tra gli adolescenti sarebbe ripreso almeno
in parte dopo i grandi cali verificatisi durante l’inizio della pandemia nel
2020, che sono stati tra i più grandi mai registrati. Molti esperti del
settore avevano previsto che l’uso di droghe sarebbe ripreso con la fine
della pandemia e la revoca delle restrizioni di distanziamento sociale. A
quanto pare, i cali non solo sono durati, ma sono ulteriormente diminuiti.”

I dati raccolti dallo studio mostrano che nel 2024 il numero di studenti che
si sono astenuti dal consumo di droghe – inclusi alcol, marijuana e
sigarette (tradizionali o elettroniche) – ha raggiunto livelli record. Tra
gli studenti del 12° anno (17-18 anni), la percentuale di astensione è
salita al 67% (rispetto al 53% del 2017), mentre tra quelli del 10° anno
(15-16 anni) ha raggiunto l’80% (dal 69% del 2017) e nel gruppo dell’8° anno
(13-14 anni) il 90% (rispetto all’87% del 2017). Questi aumenti sono stati
particolarmente significativi dal 2023 al 2024 per gli studenti del 12° e
10° anno.

Le diminuzioni si sono rivelate particolarmente evidenti nel consumo di
alcol, marijuana e svapo di nicotina, le tre forme più comuni di uso di
sostanze tra gli adolescenti. Per quanto riguarda l’alcol, ad esempio, il
42% degli studenti del 12° anno ha dichiarato di averne fatto uso negli
ultimi 12 mesi, una cifra in netto calo rispetto al 75% del 1997. Lo stesso
trend si osserva tra gli studenti del 10° anno (26%, rispetto al 65% del
1997) e dell’8° anno (13%, rispetto al 46% del 1997). (*)

Questi dati non solo confermano un declino storico nel consumo di sostanze
tra i giovani, ma mettono in luce un fenomeno interessante: le nuove
generazioni stanno costruendo un rapporto diverso con la propria salute e il
proprio corpo, orientato non tanto dalla paura o dalla coercizione, quanto
da una consapevolezza che sembra radicarsi sempre di più nelle scelte
personali. È un salutismo che non si nutre di divieti ma di valori
emergenti, in cui il benessere individuale e la salute mentale giocano un
ruolo centrale.

ALCOHOL: Trends in 12 Month Prevalence of Use in 8th(13-14 anni), 10th(15-16
anni), and 12th Grade(17-18 anni)

fonte: Miech, R. A., Johnston, L. D., Patrick, M. E., & O’Malley, P. M.
(2025). Monitoring the Future national survey results on drug use,
1975–2024: Overview and detailed results for secondary school students.
Monitoring the Future Monograph Series. Ann Arbor, MI: Institute for Social
Research, University of Michigan.

Consultabile qui: <monitoringthefuture.org/results/annual-reports/>
monitoringthefuture.org/results/annual-reports/

Il Futuro

Sebbene il contesto politico, sociale ed economico attuale sembri ricalcare
incredibilmente quello degli anni ’80, ci sono differenze fondamentali che
non possono essere ignorate. Se allora le paure collettive – la guerra
fredda, le crisi economiche, le pandemie – generavano risposte spesso basate
su imposizioni, divieti e moralismi, oggi ci troviamo di fronte a quello che
sembra un evidente cambio di paradigma: le nuove generazioni sembrano
approcciare la propria salute con prospettive molto diverse.

Non è più solo la paura a muovere i giovani verso il rifiuto di droghe e
alcol, ma una nuova consapevolezza del valore del proprio corpo e della
propria individualità. È un approccio che non nasce da coercizioni esterne,
ma da scelte personali radicate in un cambiamento culturale profondo. Le
nuove generazioni stanno riscrivendo il rapporto con se stesse, scegliendo
stili di vita che riflettono la volontà di mantenersi in salute, di essere
più presenti e consapevoli, in un mondo sempre più complesso e veloce, che
richiede performance elevate.

Questo neo-salutismo, così diverso dal proibizionismo morale e paternalista
del passato, non è un fenomeno passeggero. È un modello di relazione con la
propria identità che appare destinato a consolidarsi, trasformando non solo
i comportamenti individuali ma anche le dinamiche di mercato e le abitudini
di consumo.

Nel mondo del vino, in particolare, questo cambiamento rappresenta una sfida
che non possiamo ignorare. Se il consumo consapevole e la valorizzazione
della qualità al posto della quantità sono stati i pilastri della cultura
del vino degli ultimi decenni, oggi è il momento di riconoscere che i
consumatori di domani chiedono qualcosa di diverso. Il vino dovrà dialogare
con questa nuova sensibilità, diventando parte di un percorso di scelta
personale più ampio, che non riguarderà solo il piacere del gusto, ma anche
il rispetto per il proprio corpo e la propria salute.

Il neo-salutismo è qui per restare, e per il mondo del vino – dalla
produzione alla comunicazione, fino al consumo – è arrivato il momento di
farci i conti. Tutti quanti. Ignorare questa trasformazione significherebbe
restare fuori dal futuro. Guardarla come un’opportunità, invece, può
rappresentare una rinascita per un settore che ha sempre fatto
dell’evoluzione culturale il proprio punto di forza.

(*) Nota: sono dati davvero molto incoraggianti.

CORRIERE ROMAGNA

Neopatentata ubriaca fa inversione alla vista della pattuglia a Ravenna

Vedendo un’auto della polizia locale ha fatto inversione per non rischiare
di incappare nel controllo. Una manovra talmente plateale che è stata la
pattuglia stessa a raggiungerla. La conducente, una 20enne, sapeva
probabilmente che di fronte a un eventuale alcoltest sarebbe risultata
positiva. E infatti, intorno alle 4.45, il pretest effettuato lungo viale
Europa, ha attestato che guidava con un tasso alcolemico di 0,94 g/l a
fronte di un limite fissato nel suo caso a 0. Per questo è stata denunciata
per guida in stato di ebbrezza, con la sospensione della patente.

In tutto sono stati 33 i veicoli controllati nel corso dei pattugliamenti
proseguiti lungo l’Adriatica all’altezza di Fosso Ghiaia fino da mezzanotte
alle 2.45 poi in via Romea dalle 3 a alle 4.30 infine alle porte della città
fino alle 6 di ieri mattina; 45 invece le persone identificate.

Era circa l’1.50 quando gli agenti hanno controllato una Opel Astra. Alla
guida c’era un 26enne originario del Gambia con a fianco, seduto sul lato
passeggero, un connazionale 24enne. Alla richiesta della pattuglia di
esibire eventuali sostanze stupefacenti, il passeggero ha consegnato due
dosi di hashish. Il test ha accertato che conteneva una percentuale di
principio attivo che ha portato a contestare nei confronti del più giovane
dei due stranieri la detenzione di sostanza stupefacenti, seppure per uso
personale.

Tra le sanzioni, una ha riguardato invece un 36enne originario di Brindisi
ma residente a Ravenna, che è stato sorpreso alla guida con la cintura di
sicurezza allacciata sì, ma dietro la schiena. E’ accaduto verso l’1.15,
quando gli operatori, appostati lungo la Statale 16, hanno intercettato la
sua vettura. Sulla base di quanto previsto dal nuovo codice della strada, al
conducente è stata sospesa la patente per sette giorni.

Associazione Nuovo Paradigma O.d.V. – C.F. 91071720931

Associazione Nuovo Paradigma O.N.L.U.S. – C.F. 91071720931