RASSEGNA STAMPA SU VINO, BIRRA E ALTRI ALCOLICI
A cura di Roberto Argenta, Guido Dellagiacoma, Alessandro Sbarbada
IL FATTO ALIMENTARE
I LARN 2024 e la scelta politica di non parlare di alcol
Antonio Pratesi
Nel 2024, dopo 10 anni dallultima edizione, la SINU (Società Italiana di
Nutrizione Umana) ha pubblicato i nuovi LARN 2024* (Livelli di Assunzione di
Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana), che fanno
seguito alla recente diffusione di numerosi nuovi documenti da parte di vari
Paesi e agenzie internazionali come lOrganizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) e lAutorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Pur
mantenendo limpostazione dei LARN 2014, la nuova revisione presenta una
novità: è stato completamente cancellato il capitolo dedicato allalcol!
I 10 esperti che si sono insediati nel 2020 su mandato del consiglio
direttivo della SINU hanno liquidato il problema con questa frase: È stato
deciso invece di non prendere in considerazione letanolo (alcol), in quanto
non rientrante nellambito dei nutrienti né nel gruppo dei composti
bioattivi [
] presenti negli alimenti con potenziali effetti salutistici e
funzionali.
Lalcol nei LARN 1996 e 2014
Nelledizione dei LARN 1996 cera uno spazio dedicato alletanolo: Luso di
bevande a contenuto alcolico è ampiamente diffuso, e fa parte della dieta e
della cultura di molti Paesi e del nostro in modo particolare, con
conseguente varia prevalenza di abuso e di patologia alcol-correlata, in
particolare a carico dellapparato digerente, del sistema nervoso e
dellapparato circolatorio (cirrosi epatica, tumori del cavo orofaringeo e
della prostata, ipertensione, psicosi alcolica, ecc.). La contrapposizione
tra lalta diffusione e la valenza anche sociale ed economica assunta
dalluso dellalcol, ed i danni derivati dalluso eccessivo, da anni vi è
una spinta alla ricerca delle definizioni di quantità non dannose per la
salute psicofisica dellindividuo.** In tal senso si sono identificate
quantità che possono essere definite ammissibili ma difficilmente
raccomandabili.
Anche i LARN 2014 hanno dedicato un capitolo intero molto chiaro ed
esaustivo: La necessità di parlare di alcol nel contesto dei LARN nasce
dalla tradizionale abitudine al consumo di bevande alcoliche che
caratterizza la dieta e la cultura del nostro paese; letanolo (alcol
etilico) infatti non è un nutriente: pur apportando calorie (7 kcal/g), non
fornisce alcun nutrimento al nostro organismo e si differenzia dagli altri
nutrienti energetici per la mancanza di finalità funzionali e/o metaboliche
utili.
Lalcol è una sostanza tossica
Sempre i LARN 2014: Letanolo, sebbene riscuota una diffusa accettazione
sociale, è una sostanza tossica per il nostro organismo, a cui risulta
estranea; è un noto cancerogeno, tanto che lo IARC (International Agency for
Research on Cancer) classifica nel gruppo I (sicuramente cancerogeno
nelluomo) tutte le bevande alcoliche (IARC 1988).
Letanolo è una potente sostanza psicoattiva, per la quale non è possibile
individuare quantità raccomandabili ma nemmeno ammissibili o sicure per
la salute. LOMS ribadisce infatti che non esiste un limite sotto il quale
letanolo può essere consumato senza rischio e che il rischio aumenta con
laumentare delle quantità assunte, indipendentemente dalla fonte.
Limpatto sociale e sanitario dellalcol è ben documentato in tutti i
documenti formali e di indirizzo prodotti a livello comunitario e
internazionale da parte degli organismi di tutela della salute, recentemente
arricchiti dai contributi dellIndependent Scientific Committee on Drugs,
che classifica lalcol al primo posto per pericolosità sociale e al quarto
posto tra tutte le droghe per i danni organici psicologici che determina.
Una bassa percezione del rischio
Nonostante ciò, continuano i LARN 2014 in generale, nella popolazione
si riscontra una bassa percezione del rischio alcol correlato e una scarsa
attenzione al consumo. La scarsa attenzione ai rischi alcol correlati da
parte degli operatori sanitari è confermata anche dai dati rilevati dal
sistema di sorveglianza nazionale PASSI (Progressi nelle Aziende Sanitarie
per la Salute in Italia), coordinato dal Centro nazionale di epidemiologia,
sorveglianza e promozione della salute CNESPS dellIstituto Superiore di
Sanità (PASSI 2009).
Tra gli utenti del Sistema Sanitario Nazionale intervistati, infatti, solo
una piccola parte (14%) riferisce che un operatore sanitario si è informato
sui comportamenti individuali in relazione al consumo di alcol. Ancora più
bassa la percentuale di bevitori a rischio che ha ricevuto il consiglio di
bere meno da parte di un operatore sanitario (6%).
LARN 2024: lalcol non viene trattato
Poiché il capitolo dedicato allalcol nei LARN 2014 era curato molto bene da
esperti in materia (tra cui ricordiamo Emanuele Scafato e Andrea Ghiselli),
cercheremo di raccontarlo in qualche articolo de Il Fatto Alimentare per
ricordare che il problema alcol è importante e decidere di non parlarne
(LARN 2024) in un Paese dove buona parte del personale sanitario non sa
cosè lalcol è una scelta molto discutibile.
In conclusione, per la prima volta dopo un quarto di secolo si è scelto nei
LARN italiani di ignorare il problema alcol. Queste sono scelte politiche
(food policy) che hanno una ricaduta importante in termini culturali. Cui
prodest?
Note
* I LARN sono i Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia
prodotti dalla SINU Società Italiana di Nutrizione Umana, un documento
importante ad uso professionale per tutti coloro che si occupano di
nutrizione.Le linee guida per una sana alimentazione sono invece un
documento italiano di riferimento sulla sana alimentazione rivolto ai
consumatori.
** La frase indicata nei Larn 1996 è incompleta, sembra sospesa,
Abbiamo
riportato fedelmente quanto scritto sui LARN 1996.
QUOTIDIANOSANITA.IT
Alcol e cancro, non bere è la scelta migliore
di Emanuele Scafato
Gentile Direttore,
ho letto il contributo del Dott. Cavalli
(www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_
id=127739 ), interessante e singolare versione dell’espressione del tutto e
del contrario di tutto. Cogliendo la provocazione del collega Stiamo
diventando ormai una categoria incapace di una benché minima reazione a
difesa del nostro ruolo professionale, del tutto indifferente a quanto sta
passando sopra la nostra testa e sotto i nostri piedi segnalo che esiste un
mondo attivo, forse a lui sconosciuto, che sa riconoscere benissimo il
delirio cosmico che, tuttavia, non è quello dell’evidenza scientifica che
nei fatti si esprime tanto chiaramente da determinare l’European Beating
Cancer Plan approvato per Risoluzione del Parlamento Europeo in omaggio
allevidenza scientifica prodotta e recente revisione del COMMISSION STAFF
WORKING DOCUMENT Review of Europe’s Beating Cancer Plan del Comitato
Europeo BECA
(health.ec.europa.eu/document/download/5acc6fb9-2078-4b61-92a2-b45ce
5002225_en?filename=ncd_2025-39_swd_en.pdf ), che ha già prodotto i testi
formali, votati in una cornice legale che ottempera all’esigenza di
dimostrare la consistenza di ogni singola affermazione (*) per poter
diventare riferimento mandatorio per gli Stati EU e i Governi. Evidenza
scientifica richiamata anche dal Joint statement by WHO/Europe and IARC to
the European Parliament raising awareness of the link between alcohol and
cancer inviata da IARC e OMS al Parlamento Europeo
(www.epicentro.iss.it/alcol/dichiarazione-congiunta-oms-iarc-2023 ).
Un medico (dichiaro di esserlo, gastroenterologo e epidemiologo di lungo
corso e, lo dichiaro a favore e nel rispetto di chi ha diritto di capire chi
porge non opinioni ma evidenza scientifica) in assenza totale di conflitti
d’interessi, ha un dovere non esclusivamente deontologico ma nobilmente
professionale: deve sapere, saper fare e saper fare bene, sottraendosi alla
tentazione di ispirare al cherry picking di singoli studi le
considerazioni esperte da porgere ad un paziente ma confidando nelle
revisioni sistematiche e nelle metanalisi, le uniche a garantire qualità
nelle scelte informate (come le Direttive comunitarie richiamano) nel
diritto di essere resi consapevoli di cosa e di quanto si rischia anche con
la “moderazione”, con il semplice uso del cancerogeno alcol.
Sarebbe, intuitivamente, negligente lasciar ritenere, ad es. ad un paziente,
che il suo consumo moderato di vino o altro alcolico (intendiamoci
moderato è 10 grammi di alcol, meno di un bicchiere) sia privo di rischi e
legittimare lerronea considerazione che il singolo bicchiere possa fare
prevenzione in assenza di pregiudizi sulla salute e non incidere, ad
esempio, sul maggior rischio di alcune malattie cardiovascolari (Federazione
Mondiale dei Cardiologi: “L’unica quantità di VINO che fa bene al cuore è
ZERO” (x.com/worldheartfed/status/1488120259483774976?lang=it
basato sul report
world-heart-federation.org/news/no-amount-of-alcohol-is-good-for-the
-heart-says-world-heart-federation/ ).
Nel merito dell’ambiguità e dei limiti e dei rischi della disinformazione
medica, gioverà porgere la considerazione che uno studente in un liceo ha
posto Ma se il secondo bicchiere di vino o altro alcolico può generare un
incremento del 27% del rischio di cancro della mammella della donna e del
cancro del colon retto nell’uomo, che ci guadagno a fidarmi di una
supposizione che quella stessa quantità “protegga” il cuore? Salvo il cuore
e mi becco il cancro?. Al medico rispondere.
Prudenza e diligenza hanno sempre guidato e guidano il senso di tutela della
salute che, anche non dovesse avere la possibilità di basarsi su evidenze da
porgere, applica sempre il principio di precauzione, differenziando il
messaggio per età, sesso, condizioni di assunzione, condizioni personali che
impongono affermazioni “well grounded” non generalizzabili o limitabili ad
un “poco non fa male” peraltro redarguito dalla stessa Corte di Giustizia
che a tutela della salute pubblica, sin dal 2012
(curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=126435
<curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=126435&doclang=en
> &doclang=en ) ha sentenziato e indicato come sia vietato, in termini di
comunicazione, vantare proprietà salutistiche dell’alcol riferendosi nello
specifico ad una causa intentata su un vino che era stato proposto come “più
digeribile “intuitivo cosa sia plausibile esprimere nel merito del rischio
di CANCRO. E dove si “va a sbattere”, segnaliamo al collega, si intuisce
chiaramente: sulla salute per tutti come il Codice Europeo contro il cancro
afferma e orienta: Se bevi alcolici di qualsiasi tipo, limitane
l’assunzione. Non bere alcolici è la scelta migliore per la prevenzione del
cancro.
Perché non bere è la scelta migliore per la salute se si parla di
prevenzione dei tumori e tanto basta, come la SIA ha espresso nella sua
posizione inviata allo Special Committee on Beating Cancer (European
Parliament)
alcologiaitaliana.it/wp-content/uploads/2023/03/Testino-Allegato-Soc
ieta-Italiana-di-Alcologia-1.pdf )
Emanuele Scafato
Epidemiologo, gastroenterologo, Past President SIA – Società Italiana di
Alcologia
(*) Nota: dimostrare la consistenza di ogni singola affermazione, questo è
il punto. Cosa fa la differenza tra larticolo che precede questa nota e
quello che lo segue? Facile: Emanuele Scafato dimostra e documenta
scientificamente la consistenza delle affermazioni che scrive. Con fonti
auterevolissime.
GAMBERO ROSSO
La crociata contro il vino è una gara a chi la spara più grossa per un
attimo di notorietà
a cura di Stefano Polacchi
Paragonare l’alcol alle sigarette, o il vino alla droga! Boutade polemiche e
sensazionalistiche che si alimentano solo grazie all’effetto social. Sparare
sull’eroina non creerebbe nessuna polemica. Col vino, invece, trova spazio
chi la spara più grossa
Davvero l’alcol fa male come il fumo? Veramente bere vino è come spararsi
eroina in vena? (*) Possibile che ormai il nemico numero uno in Italia –
anzi, nel mondo – sia il vino? Tutto in nome della salute, anzi di un
salutismo che analizza le azioni, le scelte, i comportamenti umani solo in
base a numeri e dati statistici generali che non tengono conto di altro. Ai
tempi della “legge Sirchia” – quella che, approvata nel 2003, portò al
divieto di fumo nei bar e nei ristoranti e in tutti i locali pubblici dal
2005 – ci fu battaglia, addirittura una guerra pro o contro i divieti che
era iniziata ben 30 anni prima quando il divieto aveva interessato cinema e
bus. Certo, le lobby delle multinazionali hanno avuto il loro bel peso sulla
politica; i bastoni tra le ruote del divieto arrivarono da più parti e i
palazzi si spaccarono. Però, poi, la cosa andò avanti e anche abbastanza
liscia. Pensate se ci fossero stati i social che conosciamo oggi: sarebbe
stato l’inferno. Racconta Sirchia, l’allora ministro che diede il nome alla
legge: «Tanti ristoratori, nonostante le grandi resistenze iniziali,
finirono col tempo per ringraziarmi. E così tantissima gente che lavorava
nei locali notturni, dove prima dellapprovazione della legge, al chiuso
delle discoteche, in molti si erano ammalati a causa del fumo passivo». Fu
una scelta di civiltà. Ma cosa c’entra col vino? Nulla. Assolutamente nulla.
(**)
Dall’alcolismo al consumo consapevole
Il vino nasce insieme all’uomo e lo accompagna per tutta la sua storia.
Basta cliccare su qualsiasi enciclopedia online per leggerne la storia. E
per vedere come l’alcolismo abbia cominciato a essere una piaga sociale a
partire dal XVIII secolo dove nell’Europa del proletariato urbano e nella
nascente America l’alcol diventa una sorta di “medicina sciale” che scatena
l’emergenza e di lì a seguire le varie battaglie politiche e religiose
contro gli abusi. L’alcol però, e il vino in particolare, non sono solo
eccesso o abuso. Superata, per esempio, la fase dell’alcolismo “endemico”
che ha segnato il nostro Paese nella prima metà del secolo scorso – spinto
soprattutto dallo stravolgimento delle abitudini e delle vite dei singoli e
dei gruppi e dalla tragedia delle due guerre mondiali – il vino è diventato
un elemento di condivisione, di socialità, un terreno di scambio culturale
ed emotivo (diverso è l’uso o abuso di alcol come fenomeno recente in alcuni
Paesi del Nord Europa e in particolare tra i giovani: ma alcol, non vino).
Tanto che partendo dalla metà degli anni Ottanta del secolo scorso (segnato
dal drammatico scandalo del metanolo) ad oggi, il mercato del vino ha
vissuto una vera e propria rivoluzione in cui la produzione e il consumo di
vino si sono ridotti della metà (dati 2015: da 77 a 47 milioni di ettolitri
prodotti per un consumo pro capite passato da 68 a 37 litri) con un aumento,
invece, della qualità delle bottiglie prodotte e del loro valore: il valore
nominale della produzione, nel 2015, era di 9.400 milioni di euro contro i
4.200 del 1986. L’indice di qualità, invece, secondo una ricerca di Symbola
e Coldiretti passava dal -36% del 1986 al + 48% del 2015. Non solo.
Importante è il cambiamento delle abitudini di consumo che rivelano un
profondo cambiamento nel modo di bere – o meglio, di degustare, consumare –
il vino: se sono aumentati i consumatori che si attestano (nel 2023) al 55%
della popolazione con un aumento di oltre il 30% in 15 anni, sono diminuiti
in modo considerevole (del 22%) i consumatori quotidiani. Quindi: si sta
andando bene, si beve di meno – molto di meno – e meglio – molto meglio. E
il vino si paga di più perché vale di più.
Le statistiche e l’ipocrisia dei numeri
In questo contesto, è abbastanza incomprensibile spiegarsi la feroce
offensiva che da qualche tempo è scattata contro il vino. Parliamo di vino,
perché gli spirits sono già in calo abbastanza notevole. E hanno già i loro
dissuasivi alerts. Qual è il senso di questa guerra? Intanto, assimilare il
vino ai superalcolici non ha molto senso. Almeno qui da noi, in Italia.
Quindi, poiché avrebbe un effetto boomerang prendere di mira il vino tout
court, si parla di alcol: fa male, provoca il cancro, fa morire. Il collega
Mattia Ferraresi – di cui pubblichiamo un prezioso e informatissimo articolo
sul prossimo numero del mensile Gambero Rosso tra pochi giorni in edicola –
scrive che «secondo Stockwell, il padre del debunking sullalcol, un
drink al giorno riduce laspettativa di vita media di circa tre mesi.
Significa che ogni bicchiere sottrae cinque minuti di vita a un bevitore
moderato, mentre per i bevitori forti (due o tre bicchieri al giorno) i
minuti persi per drink diventano almeno 10, e poi salgono esponenzialmente
in ragione della quantità». Al che, scherzando ma fino a un certo punto, ho
chiesto all’amico Ferraresi di quanto ci accorcerebbe la vita un minuto di
respiro in mezzo al traffico di Roma. La risposta: di un minuto, almeno.
Esattamente come ogni altra attività umana! Questo semplicemente per dire
che da quando nasciamo siamo destinati alla morte. E che come qualsiasi cosa
mangiamo ci farà ingrassare e non dimagrire, così qualsiasi attività ci
porterà inevitabilmente alla fine. Il punto è quanto valore diamo a quel
preziosissimo – l’unico che abbiamo – intervallo tra i due estremi. La
socialità e la convivialità sono una delle cose che danno valore e ricchezza
a quell’intervallo umano.
Che senso ha dirsi “pro” o “contro” il vino?
Quindi, va bene parlare di alcol e approfondirne gli aspetti sia sociali che
sanitari. Altra cosa è scatenare la psicosi. (***) Oggi, chiunque la spari
contro il vino avrà sui social il suo momento di gloria: polemiche, risposte
e insulti, spari ad alzo zero… Esattamente come chi si esprima “a favore”
dell’alcol. Ecco, il primo punto di riflessione è: ha senso dirsi pro o
contro il vino? Se un senso lo ha, è solo a favore dei social. Ovvero, ormai
è assodato che sparare pro o contro un elemento che fa profondamente parte
della nostra cultura, che è assolutamente radicato e legato nella e alla
nostra storia umana, non potrà che provocare alzate di scudi, polemiche,
battibecchi, diatribe. Tutta roba che però dà visibilità. Basta guardare le
ultime uscite sugli etilometri: nessun aumento di limiti, leggero
inasprimento delle sanzioni… eppure la psicosi è scattata. E politici,
scienziati, medici, influencer ci si sono subito buttati a pesce. Pur di
avere un momento di gloria. Probabilmente è proprio questo il meccanismo che
alimenta le polemiche e di pari passo la psicosi: guadagnarsi un momento di
fama sui social. Cosa vogliamo farci? Nulla… è la vita, baby! Prendiamola
così. E ricordiamoci dell’ipocrisia di chi demonizza il vino e poi tace su
altri tipi di eccessi che probabilmente fanno molto più male e provocano
molti più danni.
(*) Nota: visto? In mancanza di argomenti forti, la tecnica comunicativa è
buttarla in caciara.
(**) Nota: fa un esempio, e poi ammette da solo che non centra nulla.
Sarebbe stato pertinente il parallelo con la Legge Sirchia se si stesse
decidendo di proibire il consumo del vino nei bar e ristoranti. Ma non è
così, ovviamente.
(***) Nota: va beh. A chi è venuta la psicosi? Chi parla di crociata?
Chi accosta bere vino a spararsi eroina in vena? Chi utilizza, a proposito
del vino, il verbo demonizzare?
WINENEWS
SALUTE E CONSUMO
Anche lOms torna allattacco: in Europa servono etichette con avvisi
sanitari sullalcol
Dopo il documento Ue sul Beca, Beating Cancer Plan, anche lOrganizzazione
Mondiale della Sanità spinge per gli health warnings sul cancro
Non solo la nuova relazione sul Beca, il Beating Cancer Plan, che torna a
scuotere il mondo del vino e non solo (come emerso anche dagli Stati
Generali del Vino a Roma, di scena ieri in Campidoglio, come abbiamo scritto
qui): anche lOrganizzazione Mondiale della Sanità (Oms) torna a fare
pressione per arrivare agli health warnings nelletichetta di tutte le
bevande alcoliche, con focus sui rischi di cancro alcol-correlato. A pochi
giorni dalla pubblicazione del documento di revisione del Beca da parte
della Commissione Ue, datato 4 febbraio 2025 , infatti, un comunicato
dellOms del 14 febbraio ammonisce senza mezzi termini: le etichette con
avvertenze sanitarie ben visibili sulle bevande alcoliche sono essenziali
per aumentare la consapevolezza che il consumo di alcol può portare al
cancro. Questa misura semplice ed economica può consentire ai consumatori di
fare scelte informate che possono aiutare a ridurre i danni legati
allalcol, si legge sul sito della stessa Oms. Che aggiunge: un nuovo
rapporto dellOms Europa, Alcohol health warning labels: a public health
perspective for Europe sottolinea lurgente necessità di unetichettatura
obbligatoria e standardizzata per le bevande alcoliche.
Lalcol causa circa 800.000 decessi allanno nella regione europea
dellOms, sede dei più forti bevitori del mondo. Molti Paesi della regione
devono ancora compiere progressi significativi nellattuazione delle
politiche di riduzione del danno da alcol. Nonostante il cancro sia la
principale causa di decessi attribuibili allalcol nellUnione Europea, la
consapevolezza pubblica del legame tra alcol e cancro rimane bassa in modo
allarmante, spiega ancora lOms. Secondo il cui studio, condotto in 14
Paesi della regione europea, viene rivelato un notevole divario nella
consapevolezza: solo il 15% degli intervistati sapeva che lalcol provoca il
cancro al seno e solo il 39% era consapevole del suo legame con il cancro
del colon, sostiene lOms.
Etichette chiare e ben visibili sulle avvertenze sanitarie sullalcol, che
includono unavvertenza specifica sul cancro, sono una pietra miliare del
diritto alla salute, perché consentono alle persone di disporre di
informazioni vitali per fare scelte informate sui danni che i prodotti
alcolici possono causare. Fornire queste informazioni non toglie nulla ai
consumatori, al contrario, li arma di conoscenza, e la conoscenza è potere
(*), afferma il dottor Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dellOms per
lEuropa. Le etichette di avvertenza sanitaria sugli alcolici, spiega ancora
lOrganizzazione Mondiale della Sanità, sono attualmente implementate solo
in 3 dei 27 Paesi dellUe e solo in 13 dei 53 Stati membri della regione
europea dellOms, lasciando i consumatori alloscuro dei rischi che
corrono.
Le etichette di avvertenza sanitaria sullalcol sono una parte importante
della politica sullalcol e svolgono molteplici funzioni, spiega il dottor
Gauden Galea, consulente strategico del direttore regionale delliniziativa
speciale sulle malattie non trasmissibili e linnovazione allOms/Europa.
Che aggiunge: le etichette con avvisi sanitari consentono ai consumatori di
prendere decisioni informate, aumentano la consapevolezza dei rischi per la
salute attribuibili allalcol, possono aumentare il sostegno pubblico per le
politiche sullalcol e ridurre lattrattiva generale dei prodotti alcolici,
influenzando in ultima analisi le norme sociali sul consumo. Soprattutto per
le generazioni più giovani, le etichette obbligatorie di avvertenza
sanitaria sullalcol potrebbero aiutare a plasmare comportamenti e
atteggiamenti più sani nei confronti dellalcol.
Una posizione chiara, quella dellOms, che, peraltro, parla sempre e
semplicemente di consumo, nel suo comunicato, e mai di abuso. E che, nelle
raccomandazioni politiche, critica, tra le righe, anche il processo che ha
visto lUe e lindustria del beverage arrivare ad un percorso concordato,
per esempio, sulle indicazioni nutrizionali in etichetta, come si evince da
questo passaggio: limpatto delle avvertenze relative alla salute dipende
dal design, dal contenuto e dal posizionamento sulle etichette. I Paesi
dovrebbero rendere obbligatorie le etichette di avvertenza sanitaria sui
prodotti alcolici, piuttosto che affidarsi allautoregolamentazione dei
produttori di alcolici, in quanto questi potrebbero optare per un
posizionamento poco appariscente e un messaggio ambiguo. E ancora: i
prodotti alcolici dovrebbero riportare avvertenze chiare e ben visibili per
la salute. Queste possono essere presentate in formato di solo testo o
combinate con pittogrammi per massimizzare la portata e fornire ai
consumatori informazioni chiare e accurate per fare scelte informate sulla
loro salute. Lindustria degli alcolici generalmente supporta lintroduzione
di codici Qr sui prodotti, consentendo ai consumatori di cercare ulteriori
informazioni sulla salute se lo desiderano. Tuttavia, uno studio pilota ha
dimostrato che solo lo 0,26% degli acquirenti ha scansionato i codici Qr
alla ricerca di informazioni sulla salute, sottolineando limportanza di
etichette visibili sulla confezione.
Parole pesanti, quelle dellOms, ancora una volta, che si inseriscono in uno
scontro tra visioni sul consumo di alcol, sulla lotta allabuso, sulla
differenza tra informare, condizionare e spaventare il consumatore, e più in
generale sul bilanciamento tra gestione della salute pubblica e libertà
personale dei consumatori che, evidentemente, si fa sempre più aspro e
aperto.
(*) Nota: merita di essere ripetuto.
Etichette chiare e ben visibili sulle avvertenze sanitarie sullalcol, che
includono unavvertenza specifica sul cancro, sono una pietra miliare del
diritto alla salute, perché consentono alle persone di disporre di
informazioni vitali per fare scelte informate sui danni che i prodotti
alcolici possono causare. Fornire queste informazioni non toglie nulla ai
consumatori, al contrario, li arma di conoscenza, e la conoscenza è potere
ITALIA A TAVOLA
polemica
Tre tipologie di alcol? AssoDistil «sconcertata» dalle parole di Gaja (*)
AssoDistil replica alle dichiarazioni di Angelo Gaja, difendendo l’unità
dell’alcol etilico, respingendo l’idea delle tre tipologie di alcol e
chiedendo una difesa comune contro la criminalizzazione del consumo moderato
Non si è fatta attendere la replica di AssoDistil dopo le parole di Angelo
Gaja, titolare dell’omonima azienda di Barbaresco (Cn), che aveva
sottolineato fosse impossibile accostare ed equiparare i vari prodotti
alcolici, facendoli rientrare in un’unica e indistinta categoria di “alcol”.
Una posizione che ha lasciato lassociazione «sconcertata».
AssoDistil-Gaja, cosa è successo
Angelo Gaja aveva sottolineato l’errore di equiparare il vino ai
superalcolici e agli aperitivi solo per la componente alcolica comune.
Secondo Gaja, esistono tre tipi di alcol: di fermentazione, presente nel
vino e prodotto naturalmente dai lieviti; di distillazione, usato nei
superalcolici; e di addizione, per gli aperitivi. Sebbene la molecola sia la
stessa, la natura e la funzione dell’alcol in ciascun prodotto sono diverse
secondo il produttore. Gaja insisteva sulla necessità di tutelare la
specificità del vino, separandolo da altre bevande alcoliche e proteggendo
la sua immagine culturale e storica.
«Comprendiamo – si legge in una nota di AssoDistil – la volontà di Angelo
Gaja di cercare una via di salvataggio per il settore del vino, in un
momento in cui le posizioni – sbagliate e pericolose – di una certa politica
europea vogliono colpire il consumo di alcol, tuttavia che non lo si faccia
cercando di discriminare i superalcolici, o per meglio dire le bevande
spiritose, rispetto al vino utilizzando argomentazioni prive di qualunque
fondamento scientifico».
AssoDistil, le tipologie di alcol
Nella nota, AssoDistil afferma: «Siamo in questo senso sicuri che il maestro
non abbia mai affermato lassurdità che esistono infatti tre tipologie di
alcol, alludendo ad un presunto alcol di fermentazione (che sarebbe
ovviamente il migliore) del vino diverso da quello di distillazione (dei
superalcolici) prodotto dallarricchimento di alcol a mezzo dellimpianto
di distillazione e da quello di addizione (ad esempio quello degli
aperitivi)». «Sostenere – prosegue il testo – infatti che ci sono diverse
tipologie di alcol è semplicemente falso: lalcol etilico del vino, dei
superalcolici ed altro è sempre la stessa molecola, con formula chimica
CH3CH2OH, identica per qualunque tipologia di bevanda alcolica (dalla birra,
al vino ed ai superalcolici). Anzi, volendo proprio approfondire il tema, si
potrebbe affermare, senza tema di smentita, che la distillazione è la
tecnica di separazione che permette di ottenere un alcole etilico o bevande
spiritose più pure, grazie appunto alla separazione di altre sostanze non
gradite presenti nella materia prima. È grazie a questa tecnica affinata in
secoli dai mastri distillatori che si riescono ad ottenere eccellenze del
made in Italy come Grappa e Brandy italiano, prodotti così nobili da
meritare la protezione della denominazione Indicazione Geografica
dallUnione Europea».
Quindi AssoDistil conclude: «Affermare quindi che, ad esempio, aperitivi,
superalcolici, Grappa e Brandy italiano e vino non siano la stessa cosa
con riferimento a presunte differenti tipologie di alcol in essi contenuto,
è falso e discriminatorio nei confronti di un settore, quello distillatorio,
che invece si batte perché vino, birra e superalcolici si schierino assieme
contro la criminalizzazione in atto del consumo di alcol finanche di quel
consumo moderato e consapevole che da sempre contraddistingue lo stile di
vita italiano e che ha permesso al nostro Paese di rappresentare un modello
di dieta sana nel mondo».
IL FOGLIO
preghiera
Separiamo le sorti del vino, essenziale per la nostra civiltà, da quelle
degli altri alcolici (*)
Camillo Langone
Angelo Gaja, preoccupato dallattacco neoproibizionista e neopuritano
allalcol, ricorda: “È ormai consuetudine equiparare il vino a superalcolici
e aperitivi a causa della componente alcolica che hanno in comune. Si tratta
di un abuso”
Gaja lHegel del vino. Entrambi, il grande vignaiolo e il grande filosofo,
sono avversari dellindistinzione, della confusione che tutto livella. Hegel
combatteva la notte filosofica in cui tutte le vacche sono nere, Gaja
combatte la notte alcolica in cui a essere tutte ugualmente nere sono le
bottiglie. Accendendo una luce con questa dichiarazione: E ormai
consuetudine equiparare il vino a superalcolici e aperitivi a causa della
componente alcolica che hanno in comune. Si tratta di un abuso. Esistono
infatti tre tipologie di alcol: alcol di fermentazione, alcol di
distillazione, alcol di addizione. Ecco, cè il vino, cè il superalcolico,
cè laperitivo, tre prodotti molto diversi perché soltanto nel primo
lalcol deriva da un processo spontaneo (il più bio in assoluto) dovuto ai
lieviti naturalmente presenti sugli acini duva. Negli altri casi lalcol è
industriale. Angelo Gaja, preoccupato dallattacco neoproibizionista e
neopuritano allalcol, dal suo castello di Barbaresco esorta dunque a
separare le sorti del vino da quelle degli altri alcolici. Soltanto il vino
è al contempo natura, cultura, paesaggio, tradizione, religione, storia,
geografia, filosofia. Il lume della ragione consente di vedere che le
bottiglie sono tutte diverse e che soltanto le bottiglie di vino sono
essenziali per la nostra civiltà.
(*) Nota: Renzo, da bravo giovine che la ferma e dolce decisione di Lucia ha
distolto da propositi di vendetta, accetta di buon grado il suggerimento
della futura suocera e riceve da lei i famosi quattro capponi perché non
bisogna mai andare con le mani vuote da quei signori. Per consegnarglieli,
Agnese riunì le loro otto gambe, come se facesse un mazzetto di fiori, le
avvolse e le strinse con uno spago.
Con questo mazzetto di zampe di cappone sulla mano destra, tormentata
anch’essa perché accompagna con i gesti il tumulto dei sentimenti del
giovane, Renzo si avvia tra speranza e rabbia verso l’abitazione del dottor
Azzecca-garbugli, naturalmente a piedi: Lascio pensare al lettore, come
dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le
zampe a capo all’in giù, nella mano di un uomo il quale, agitato da tante
passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per
la mente. (
) e dava loro di fiere scosse, e faceva sbalzare quelle teste
spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra,
come accade troppo sovente tra compagni di sventura.
(www.culturacattolica.it/educazione/strumenti-per-la-scuola/i-promes
si-sposi/cap-3-i-quattro-capponi ).
BOLOGNA CRONACA
Si ubriaca alla festa della birra e provoca un tamponamento a catena
L’incidente è avvenuto sulla via Emilia, l’automobilista denunciato per
guida in stato di ebbrezza
Enzo Vannelli
La partecipazione per l’intera giornata di lunedì agli stand della Fiera
della Birra, inaugurata nel quartiere fieristico di Rimini, ha avuto gravi
conseguenze per un automobilista che, una volta al volante, ha causato un
significativo tamponamento nella tarda serata di ieri. L’incidente è
avvenuto attorno alle 19.30 nel tratto riminese della via Emilia, nei pressi
del ristorante “Locanda di San Martino”, dove la statale si restringe da due
a una corsia. L’individuo procedeva in direzione nord e non si era reso
conto che i veicoli che lo precedevano stavano rallentando notevolmente,
anche per rispettare il limite che in quel tratto è di 50 chilometri orari;
procedendo a velocità eccessiva, ha provocato un tamponamento a catena. Dopo
aver impattato la prima vettura, infatti, l’urto ha coinvolto altre due
auto.
Tutti e tre i veicoli, oltre a quello del conducente che ha causato
l’incidente, hanno subito danni significativi. Sul luogo sono intervenute
una pattuglia della Polizia Stradale di Riccione e un’ambulanza del 118; il
traffico, a causa dell’ora e della coincidenza con l’uscita dalla fiera, è
immediatamente andato in tilt. Il bilancio finale è stato di tre feriti
lievi che hanno necessitato di assistenza medica, mentre l’automobilista
responsabile dell’incidente, sottoposto al test dell’etilometro, è risultato
positivo con un tasso alcolico di 1,10 g/l, circostanza che ha portato alla
denuncia e al ritiro della patente di guida.
LADIGETTO
Per evitare il controllo anti alcol ne combina di tutti i colori
È accaduto nelle Giudicarie, dove un automobilista ha addirittura imboccato
la rotatoria contro mano
Nella serata di sabato scorso, una pattuglia della Polizia Locale delle
Giudicarie di Tione di Trento, durante un servizio di prevenzione furti in
abitazione, ha intercettato un’autovettura che, per sottrarsi al controllo,
ha imboccato contromano una rotatoria nei pressi dell’accesso nord del
capoluogo giudicariese, sulla SS 239, dandosi alla fuga.
Gli agenti, in stato di massima allerta a causa della recrudescenza dei
furti, si sono lanciati all’inseguimento del veicolo, ipotizzandone un
coinvolgimento nei reati.
L’utilitaria, dopo aver rischiato di urtare altri utenti della strada e aver
colpito il cordolo di un marciapiede a causa della velocità di uscita
dallintersezione, è stata raggiunta in una stradina laterale, dove due dei
tre occupanti hanno tentato la fuga a piedi.
Gli accertamenti successivi hanno rivelato come il comportamento del
conducente, un uomo residente nel bresciano gravato da precedenti di
polizia, fosse dovuto principalmente al suo stato di ebrezza alcolica.
Oltre al ritiro della patente, sono state elevate alcune sanzioni
amministrative per violazioni del Codice della Strada.
«Darsi alla fuga durante un controllo di polizia è un atto grave e
pericoloso. In questo periodo, il nostro personale ha innalzato al massimo
il livello di vigilanza a causa dei recenti fatti, anche in conseguenza di
questo, vorrei sottolineare la grande professionalità dimostrata dagli
agenti durante l’inseguimento e le fasi di fermo, in una situazione dove
l’incolumità di tutti era a rischio.»