Alcologiarassegna stampa su vino, birra e altri alcolici del 20 dicembre 2023

20 Dicembre 2023
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RASSEGNA STAMPA SU VINO, BIRRA E ALTRI ALCOLICI

A cura di Roberto Argenta, Guido Dellagiacoma, Alessandro Sbarbada

CORRIERE.IT

Cos’è la sindrome del «cuore in vacanza» che provoca le aritmie cardiache

di Silvia Turin

Più persone muoiono per attacchi di cuore tra Natale e Capodanno rispetto a
qualsiasi altro periodo dell’anno. I troppi brindisi mettono a rischio di
fibrillazione atriale: di cosa si tratta, i sintomi e chi deve stare più
attento

Più persone muoiono per attacchi di cuore tra Natale e Capodanno rispetto a
qualsiasi altro periodo dell’anno, tanto che negli Usa è nato il termine
«Holiday heart» che indica quella che possiamo chiamare la «sindrome del
cuore durante le vacanze». Come mai avviene e come evitare eventuali rischi?

Mix «esplosivo»

Dai cenoni aziendali, all’aperitivo con gli amici, dalla Vigilia al Natale,
fino a Capodanno e oltre, vale la pena soffermarsi sulla maggiore quantità
di alcol che verrà bevuta rispetto al solito. Il consumo di bevande
alcoliche è così normalizzato che sembra strano che qualcuno non festeggi
con un brindisi, così spesso ci si dimentica che l’alcol è una sostanza
tossica per l’organismo. Anche in piccole dosi e specialmente per il cuore.

Se i festeggiamenti si protraggono e i bicchieri crescono, potremmo avere
effetti non desiderati di celebrazioni troppo «allegre». «In linea generale
dosi eccessive di alcol esercitando un’azione eccitante sulle cellule del
cuore – conferma il professor Claudio Tondo, Direttore del Dipartimento di
Aritmologia del Centro Cardiologico Monzino, IRCCS —, possono determinare un
aumento della frequenza cardiaca e facilitare l’insorgenza di aritmie
cardiache come la fibrillazione atriale. Bisogna inoltre ricordare che
l’assunzione cronica di alcol in dosi significative può portare allo
sviluppo di cardiomiopatia dilatativa, che provoca un incremento dei volumi
delle camere cardiache (atri e ventricoli) e una riduzione della
contrattilità: due presupposti cruciali per l’insorgenza di fibrillazione
atriale. E attenzione: le anomalie del ritmo indotte dall’alcol spesso si
verificano in concomitanza di un’alimentazione più abbondante, per cui la
moderazione è anche rivolta alla quantità di cibo introdotta».

Rischio aumentato

Ecco allora che le feste natalizie e il successivo Capodanno con
celebrazioni così ravvicinate possono essere pesanti per la nostra salute,
non solo sulla bilancia. Uno studio ha dimostrato, infatti, che un solo
drink al giorno può aumentare il rischio di fibrillazione atriale anche del
16%. Se in un dato giorno la possibilità di soffrire di fibrillazione
atriale è una su 1.000, con un bicchiere di birra o vino questa probabilità
può arrivare a 3 su 1.000.

La fibrillazione atriale, quindi, è il pericolo più incombente, ma di cosa
si tratta? «È un’anomalia del battito cardiaco, uno dei disturbi più diffusi
– spiega Tondo —: il cuore, battendo in modo irregolare, non riesce a
pompare adeguatamente il sangue che potrebbe formare coaguli pericolosi. La
fibrillazione atriale può aumentare il rischio di avere un ictus ed è anche
stata anche collegata alla demenza e all’insufficienza cardiaca».

A rischio gli anziani, obesi e persone alte

Se bere alcol fa male a tutti, nel caso specifico ricordiamo che ci sono
categorie più a rischio di fibrillazione atriale: a 80 anni si ha circa il
10% di possibilità di avere questo disturbo. Altri fattori di rischio sono
l’obesità, una storia familiare di fibrillazione atriale a esordio precoce e
l’altezza (uno studio ha scoperto che le persone più alte di 1 metro e 70 cm
erano a maggior rischio).

Come notare quando ci sono problemi? «Alcuni non avranno sintomi e altri
potrebbero sperimentare palpitazioni cardiache, dolore toracico o mancanza
di respiro, estrema stanchezza e persino svenimenti. Per alcune persone, la
fibrillazione atriale si manifesta per brevi periodi, ma per altre la
condizione può diventare permanente», chiarisce l’esperto. I medici in
genere diagnosticano la fibrillazione atriale attraverso un
elettrocardiogramma, ma poiché gli smartwatch con cardiofrequenzimetri sono
diventati più popolari, adesso è possibile notare da soli i cambiamenti nel
proprio ritmo cardiaco e rivolgersi a un cardiologo.

I consigli

Arrivare ai festeggiamenti in modo consapevole può limitare i rischi, ma se
si vuole brindare lo stesso «secondo tradizione» si possono almeno adottare
alcuni accorgimenti: bere acqua, perché la disidratazione aumenta il rischio
di «sindrome del cuore in vacanza», e non smettere con l’attività fisica
proprio nel periodo festivo. Anche solo una passeggiata può far bene.

Da tenere a mente, infine, le quantità di assunzione di alcol considerate a
«basso rischio» (1 bicchiere di vino o 1 lattina di birra o 1 bicchierino di
superalcolico al giorno per donne e anziani e 2 per gli uomini), anche se
non significa che siano salutari, né un obiettivo da raggiungere. Negli
ultimi anni sono aumentate le evidenze di relazioni causa-effetto tra
l’alcol e alcuni tipi di tumore e altri 200 problemi di salute, per non
parlare degli incidenti alla guida. L’unico consumo sicuro di alcol è quello
pari a zero.

GAMBERO ROSSO

Notizie Vino

Intervista a Sigfrido Ranucci: “Stiamo lavorando alla seconda parte
dell’inchiesta sul vino”. Nel mirino di Report le grandi cantine italiane

a cura di Loredana Sottile

Dopo la puntata del 17 dicembre, abbiamo chiesto a Sigfrido Ranucci di
chiarire alcuni temi emersi durante la trasmissione. Nessun rimorso per
l’immagine danneggiata del vino: “Abbiamo solo smascherato il sistema. La
verità è che in Italia si produce troppo vino”

C’è chi è pronto a giurare che, dopo il servizio di Report “Piccoli
Chimici”, per il vino niente sarà come prima. Per altri, invece, la
trasmissione di Raitre ha semplicemente scoperto l’acqua calda, facendo
passare pratiche già conosciute e legali per scandalose, accostandole
magistralmente ad azioni, invece, vietate. Per fare chiarezza e capire le
vere intenzioni del servizio ne abbiamo parlato direttamente con il
conduttore Sigfrido Ranucci, portandogli le istanze del mondo del vino che,
dopo l’inchiesta, si è sentito sotto accusa, senza le dovute distinzioni del
caso.

Qual è la parte che l’ha colpita di più dell’inchiesta che avete mandato in
onda?

Il fatto di correggere la qualità dell’uva. Non tanto le sostanze che non
sono legali, quanto quelle che lo sono e che dovrebbero essere usate solo in
determinate circostante, ma finiscono per essere usate sempre.

È da qui che è partita l’idea del servizio andato in onda il 17 dicembre? O
avete avuto segnalazioni da parte di qualcuno?

Noi l’agroalimentare lo tocchiamo sempre. Il vino in particolare è un mio
pallino da diverso tempo. Due estati fa ho provato a farlo a partire da un
pergolato di uva bellone che ho in campagna, ma non è venuto fuori un buon
prodotto. Allora alcuni contadini della zona mi hanno spiegato che non basta
avere l’uva, ma ci vogliono una serie di correttivi: dai fermenti alla
bentonite. E da lì mi son chiesto se davvero chi fa vino usasse tutta questa
roba. Così ho deciso di approfondire l’argomento. In questi giorni, dopo il
servizio, ho letto articoli in cui si dice che la bentonite è naturale e non
interferisce sul sapore. Io, invece, quando l’ho usata il suo sapore l’ho
sentito, così come quello dei lieviti: non è vero che non sono così
impattanti.

Però molte di queste sostanze, tra cui i chiarificatori, si usano per tante
altre cose, per esempio anche per i succhi di frutta. E la pratica non ha
mai scandalizzato nessuno.

Per carità, non è un problema di chimica: alla fin fine tutto è chimica. Più
che altro servirebbe più trasparenza. Far sapere al consumatore cosa si usa
e cosa no. Per esempio, io ho scoperto la differenza tra vino imbottigliato
all’origine e non. Cosa, quest’ultima, che consente ad una cantina di
imbottigliare un vino che non ha prodotto.

Questo, però, è scritto in etichetta. A questo servono i conferitori. Nel
servizio, a tal proposito, si è parlato di Sassicaia, ma non è stato
specificato che in quel caso la dicitura imbottigliato all’origine c’è…

Sì, ma come abbiamo detto in trasmissione i numeri della cantina non
tornano. Mi chiedo, Sassicaia o meno, da qualche parte finiranno tutte
queste quantità di vino Primitivo che partono dalla Puglia? Questa cosa del
taglio dei vini del Nord con i vini del Sud per dare più zucchero e corpo me
lo hanno confermato anche i Nas.

Ne abbiamo scritto anche noi. Ma non su certi vini importanti come
Sassicaia. Nella trasmissione non si parlava di Veneto?

(ride). Beh, io sfido i degustatori a trovare tutta questa differenza tra
una bottiglia di Primitivo – parlo di un marchio conosciuto e pure
abbastanza buono – e il Sassicaia: forse qualcosa di simile dentro c’è.

Beh, sono vini molto diversi. Ci sta dicendo che il Sassicaia viene fatto o
tagliato anche con il Primitivo? O magari si parla di altri vini aziendali?

Mi fermo qua. Per questo ci vuole la documentazione necessaria. Ma diciamo
che il taglio del vino è un fenomeno noto e direi anche collaudato,
altrimenti non avresti il mediatore in un noto bar pugliese pronto a
metterti in contatto con chi può fornirti uva da tavola. Ma torneremo
sull’argomento in modo più dettagliato.

Nel senso che tornerete a parlare di vino a breve?

Esattamente, ci sarà una nuova puntata a cui stiamo lavorando. Come spesso
accade, dopo alcune inchieste ci arrivano, oltre alle critiche, anche delle
segnalazioni molto interessanti. Per cui andremo ad approfondire i temi già
trattati, ma stavolta riguarderanno alcune aziende vitivinicole importanti.

Ne sarà contento il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida. A proposito,
l’ha poi chiamata così come aveva annunciato?

Sì, l’ha fatto. D’altronde lui fa bene a difendere il comparto: è il suo
lavoro. Io, però, faccio il mio, che è dire le cose come stanno a chi paga
il canone Rai.

Lollobrigida, però, oltre a difendere il settore ha anche detto che lei è un
“nemico in casa”. È così che si sente?

Me lo ha ripetuto al telefono, ma tra virgolette. Il punto è di quale casa
parliamo. Per me la Rai è la casa degli italiani.

Non le è sembrato una sorta di editto bulgaro quello di Lollobrigida?

A quello ci sono abituato. È dal 2000 che vivo sotto editti. Ho iniziato con
Gasparri che chiedeva il mio licenziamento dopo l’intervista a posteriori a
Borsellino e mi ritrovo ancora con lo stesso Gasparri che mi convoca dopo 23
anni in Vigilanza Rai.

L’ex ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, invece, l’ha accusata
di aver screditato le eccellenze italiane. Sensi di colpa?

Onestamente prima di pensare al settore, penso al consumatore che ha il
diritto di leggere in etichetta quello che sta bevendo. Ad ogni modo, credo
che questo Paese abbia la memoria corta. In passato abbiamo anche parlato
del marchio San Marzano usato impropriamente in America, così come succede
con il Chianti e altri vini. Credo che noi abbiamo difeso il Made in Italy
più di quanto abbiano fatto l’Italia e l’Europa.

Secondo lei, in un altro Paese, come ad esempio la Francia, un servizio del
genere – che mette in difficoltà e scredita un intero comparto – lo
avrebbero fatto?

Noi, come Report, lo avremmo fatto, ma probabilmente non avremmo trovato un
Ministro che ci bacchettava.

Torniamo ai produttori. Il presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto
Frescobaldi, che non si è sottratto alle vostre domande, ha detto che è la
vostra è stata “un’occasione mancata per il servizio pubblico” in cui sono
state confuse pratiche perfettamente legali con altre illegali, additivi
chimici con prodotti dell’uva consentiti.

Noi abbiamo solo raccontato le pratiche che – legali o meno – vengono
seguite. Lui ci accusa di aver messo troppe cose assieme. Forse son troppe
le cose che vengono messe nel vino. Secondo me bisogna fare riflessione più
alta. Le obiezioni che ho sentito è che Report ha scoperto l’acqua calda e
che certe pratiche sono già conosciute oltre ad essere legali. Ma allora
qual è il problema? Premesso che il consumatore a mio avviso è rimasto
sorpreso perché non sapeva cosa davvero ci fosse in una bottiglia di vino,
la verità è che abbiamo tolto la maschera in teatro ad uno dei protagonisti
e, come dice Erasmo da Rotterdam, in questo modo la realtà è stata sbattuta
in faccia a tutti.

La realtà, in questo caso, è oltre all’uva ci sono altri ingredienti che
entrano nel processo di produzione?

È una parte della realtà. Se davvero non fosse un problema dirlo, perché gli
additivi non vengono scritti in etichetta?

Un’etichetta più chiara potrebbe essere un’arma in più nelle mani dei
produttori?

Quello sarebbe un bel traguardo. Oltretutto se tutte le informazioni fossero
in etichetta, allora scatterebbe quella cosa per cui ogni produttore si
sentirebbe incentivato a usare meno prodotti. Solo così emergerebbe chi è
davvero più bravo a fare vino.

Oggi secondo lei chi è più bravo? Il futuro è dei vini “naturali”?

Ho cercato di documentarmi sulla categoria di naturali ed ancestrali. Certo
bisogna vedere anche in questo caso quando ci sia davvero di naturale, però
un fatto da cui partire c’è: chi si professa produttore di vino artigianale,
produce molto meno vino di chi non lo è. Credo che il segreto della qualità
sia nelle piccole quantità.

Proviamo a guardare oltre. Cosa si aspetta dopo un’inchiesta del genere?
Qual è quella cosa che le farebbe dire “sono davvero contento di aver fatto
luce su questo argomento”?

Penso a quello che qualche anno fa accadde con il mondo della pizza. Allora
fummo accusati di aver rovinato tutto in settore e demonizzato un’eccellenza
italiana. Da lì, però, partì una rivoluzione legata alla pizza
contemporanea: senza farine raffinate e con forni a gas ben puliti. Oggi
quel modello è diventato realtà.

Merito di Report, quindi?

È anche merito di Report.

Seguendo la rivoluzione della pizza, dal vino cosa si aspetta adesso?

Il fine ultimo dei nostri servizi è il miglioramento. Io credo che il vero
problema è che in Italia si produce troppo vino. Ma, essendo il vino un
piacere, bisognerebbe puntare di più sulla qualità e cambiare filosofia:
meno additivi, meno coltivazioni intensive. Mi piacerebbe che tutto
l’agroalimentare cambiasse lo sguardo.

Parlando dello sguardo di Report, mi permetta un appunto: una cosa che mi ha
colpito è che in un servizio dal titolo “I piccoli chimici”, mancassero
proprio quelli che, in senso buono, possono essere definiti come tali,
ovvero gli enologi (vedi commenti di Cotarella)?

Non è che tutti muoiono dalla voglia di parlare con Report. Evidentemente ci
sono cose che non vogliono dire.

Quindi ci avevate provato a sentire qualche enologo che vi ha detto di no?

Bisognerebbe chiedere a chi ha fatto il servizio. Ma come dicevo prima, ci
saranno altre occasioni. Magari in futuro potremmo sentire qualche enologo
pentito.

Invece, la domanda che tutto il mondo del vino si sta facendo è “chi è
Franceso Grossi”? Perché affidare la narrazione ad un quasi sconosciuto?

È un produttore (Fattoria Ca’ Nova), che per anni ha fatto vino per puristi.
Uno dei suoi vini è stato scelto da Massimo Bottura in abbinamento ad uno
dei suoi piatti. Inoltre, è stato tra coloro che hanno diretto la cantina
Settecani di Castelvetro in provincia di Modena.

Domanda a bruciapelo. Dopo un servizio come quello di Report, lei da
consumatore continuerebbe a comprare vino?

Lo comprerei, ma con più consapevolezza.

Ci tolga una curiosità: ha un suo vino preferito?

In realtà, non ne bevo molto.

E il suo vino Bellone continua a produrlo?

No, quest’anno la peronospora è stata devastante. Se fossi stato un
produttore seriale mi sarei aiutato con mosto concentrato o altro, ma io ho
preferito saltare l’annata.

DISSAPORE

Tutte le inesattezze del servizio di Report sul vino (a detta di un vero
esperto)

Abbiamo chiesto a uno dei massimi esperti italiani di enologia cosa pensa
del servizio di Report sul vino. Spoiler: non benissimo.

di Valentina Dirindin

Ha fatto molto discutere (la politica e gli addetti ai lavori, ma anche il
grande pubblico) il servizio di Report riguardante il vino italiano. Il
Ministro Francesco Lollobrigida ha detto la sua, chiedendo prima al servizio
pubblico di tutelare l’immagine di un’eccellenza nazionale, e poi
specificando meglio che il tema era non fare di tutta l’erba un fascio.

Il fatto è che chi ha visto il servizio di Report, e magari non ha una
conoscenza dettagliata sul mondo del vino, può uscire dopo la visione con
l’idea che il sistema vino italiano sia fatto di sofisticazioni e frodi, o
che comunque nasconda (in generale) qualcosa di torbido. Così non è, va
detto, e per averne ulteriore conferma abbiamo chiesto il parere di Vincenzo
Gerbi, docente di enologia presso l’Università di Torino e tra i massimi
esperti dell’argomento in Italia. E, a posteriori, non si capisce bene
perché una trasmissione seria come Report non abbia sentito lui, anziché
l’”esperto di vino” (senza particolare qualifica specificata, come da
sottopancia della trasmissione) per parlare di un argomento così delicato e
tecnico.

Professor Gerbi, lei lo conosce questo “esperto di vino”?

“In realtà no, e non capisco perché non abbiano usato un enologo. Ci siamo
consultati tra esperti del settore e nessuno sa chi sia: mi viene da dire
che quantomeno non è un tecnico conosciuto, anche perché è stato tutt’altro
che preciso”.

Cioè?

“Credo che ci siano diverse cose che sono state trattate in maniera non
precisa e fuorviante. In generale, è stata fatta confusione tra sostanze che
vengono usate come additivi o correttivi e sostanze che vengono usate come
coadiuvanti, e si sono accomunate cose che non hanno nulla a che vedere
l’una con l’altra. Per dire, il fatto che ci possano essere vini fatti con
eccedenze di uva da tavola è una cosa che va perseguita dai carabinieri,
dalla magistratura: ci sono cose che non si possono fare, punto, e chi le fa
deve essere perseguito per legge. Ma qua mi sembra che la finalità di
informazione sia stata un po’ aggirata, e che si sia voluto dimostrare che
il mondo del vino non è naturale perché usa additivi e coadiuvanti, cosa che
è completamente separata dal mondo delle frodi”.

Anche sulla bentonite sono state dette delle inesattezze, giusto?

“Sì, la bentonite ha tante virtù ma certamente non quella di disacidificare
il vino, come ha detto l’esperto di Report. Semmai è una sostanza
illimpidente, una cosa che si usa in tutta l’industria alimentare per
sedimentare le particelle in sospensione, ma è assolutamente inattiva.
D’altronde, l’acqua potabile del rubinetto è passata su argilla e carbone
attivo allo scopo di illimpidire e togliere sostanze: non è una cosa
scandalosa dire che si chiarifica il vino”.

E sul mosto concentrato rettificato, usato per correggere il tenore
zuccherino?

“Ecco, quella poi, casomai è un vanto dell’Italia: siamo gli unici che lo
fanno con il mosto d’uva, anziché col saccarosio come fanno i francesi.
Dovrebbe essere portato a merito il fatto che quando necessario si usi,
anche se peraltro con il cambiamento climatico non lo fa più nessuno, perché
abbiamo il problema contrario: non abbiamo più bisogno di aumentare il grado
alcolico dei vini, perché ce n’è già troppo. La correzione del tenore
zuccherino è consentita da sempre, in tutta Europa, con la differenza che
noi ne mettiamo molto meno: non c’è nulla di cui scandalizzarsi, mi sembra”.

Ci sono state altre imprecisioni?

“Sì, abbastanza, non le ricordo neanche tutte, ma in generale, senza mancare
di rispetto a nessuno, mi sembra che dimostrino una competenza limitata in
materia. Per esempio quando si è parlato dei lieviti selezionati per fare
aromi: sui pacchetti c’è la figura del frutto perché il loro bagaglio
enzimatico viene selezionato perché dia una mano a idrolizzare i sentori
primari dell’uva, che vengono esaltati dall’azione di questi lieviti. Non
c’è niente di artificioso, non ci sono aromi artificiali all’interno: si
riconoscerebbero alla velocità della luca analiticamente”.

Insomma, un po’ di confusione…

“Esatto. Non si può mettere sullo stesso piano la Bentonite con il Prosecco
fatto in Puglia: vuol dire mettere in cattiva luce un intero settore.
Sembrava che fosse fatto un po’ con gli occhi distorti, rivolti a un
obiettivo particolare. E sa cosa mi dispiace, da telespettatore di questa
trasmissione? Che quando vedi un servizio su qualcosa che conosci, e capisci
questo metodo, ti dici: caspita, ma faranno così anche per altre cose?”.

A suo parere qual è lo stato di salute del vino italiano?

“Al di là delle crisi di mercato che vanno e vengono, e dei cali di vendite
che ci sono stati, dal punto di vista dell’offerta possiamo dire che non è
mai stata così buona. Nel 2023 saranno sessant’anni esatti dalla prima legge
sulla Denominazione di Origine, e dobbiamo dire che le denominazioni hanno
fatto miracoli, anche nel contrastare le frodi. È evidente che ci possono
essere piccoli sotterfugi e furbizie, ma non possiamo generalizzare: forse
mai come in questo periodo abbiamo avuto un’offerta così qualificata e di
grande qualità”.

DISSAPORE

Gli adolescenti americani dicono addio all’alcol: strano, ma vero

Secondo una recente indagine, gli adolescenti americani non solo bevono meno
alcol, ma molti di loro hanno dichiarato di non averlo mai assaggiato. Ci
fidiamo?

di Manuela Chimera

Lo so che suona strano, ma una recente indagine svolta negli Stati Uniti ha
scoperto che gli adolescenti americani hanno deciso di dire stop all’alcol:
a quanto pare bevono di meno. Questo, almeno, secondo quanto sostengono
loro. Suona strano perché gli Stati Uniti amano gli alcolici: uno studio
dell’anno scorso sosteneva che una morte su cinque negli USA fosse dovuta al
consumo eccessivo di alcolici, tanto che adesso stanno cercando di frenare
il loro consumo, consigliando di bere non più di due birre a settimana.

Davvero gli adolescenti americani bevono di meno?

A detta loro, sì. Anzi: molti adolescenti hanno sostenuto di non aver
neanche mai assaggiato degli alcolici. Lo studio in questione ha
intervistato 22.318 adolescenti. Condotto dall’Università del Michigan e
finanziato dal National Institute on Drug Abuse, ecco che ha evidenziato
come il consumo di alcol sia diminuito fra i giovani adolescenti americani
rispetto al 2022. In realtà pare che gli adolescenti abbiano ridotto il
consumo e l’uso sia di alcol che di droghe. Anzi: tale consumo si è ridotto
tantissimo fra il 2020 e il 2021 quando, a causa delle restrizioni imposte
per la pandemia da Covid-19, i giovani sono stati costretti a rimanere in
casa.

Secondo i ricercatori, infatti, le restrizioni da pandemia hanno creato una
sorta di ritardo di un anno nei modelli di consumo degli adolescenti, il
che, in futuro, potrebbe portare ad adulti che abusano di meno di tali
sostanze.

In realtà il consumo di alcolici fra gli adolescenti ha subito una parabola
discendente sin dagli anni Novanta: con il predominare dell’era digitale,
gli adolescenti sono diventati meno propensi a bere birra, vino o
superalcolici.

Dati alla mano: a seconda dell’anno scolastico, le percentuali di studenti
che non hanno mai bevuto alcol varia dal 47,2% al 78,5%. Andando a vedere,
poi, i dati annuali degli ultimi decenni, sempre a seconda dell’anno
scolastico, ecco che sono aumentati dal 24 al 42% gli alunni astemi.

La dottoressa Nora Volkow, direttrice del National Institute for Drug Abuse,
nonché psichiata specializzata in dipendenze, ha spiegato che è possibile
che gli adolescenti facciano affidamento ad altri rinforzi positivi, come i
videogiochi, i social media e le app, praticamente delle alternative agli
alcolici. Ma sottolinea che si tratta di mere speculazioni.

Concorde anche il ricercatore e psicologo presso la Stanford University,
Keith Humphreys, il quale ha ribadito che gli adolescenti americani sono
meno propensi rispetto alle generazioni precedenti a usare droga, alcol o ad
avere comportamenti sessuali e antisociali.

ANSA

“Vino per stordire la preda”, polemiche sullo show di Clerici

Sotto accusa le frasi di uno chef. Floridia: “Intollerabile”

Polemiche per la puntata di ieri dello show culinario Mezzogiorno in
famiglia, condotto da Antonella Clerici su Rai1, nel corso della quale uno
chef, preparando una ricetta, ha affermato che con il vino si può “stordire
la preda”, riferendosi alle donne.

Erano presenti lo chef Sergio Barzetti, insieme al sommelier e autore
televisivo Andrea Amadei, impegnati nella preparazione di un risotto al
radicchio.

Un mezzo bicchiere di prosecco è stato usato per la preparazione, e – come
sottolineato dalla conduttrice – “l’altra metà lo beviamo e da lì da cosa
nasce cosa.

Andrea Amadei per quello ha fatto il sommelier”. “Quando cucini in casa,
rompi il ghiaccio subito e poi si cucina meglio con un bicchiere di fianco”,
ha replicato quest’ultimo. Qui la battuta incriminata, accolta tra le risate
del pubblico: “E poi vai a fare una cosa importante: stordisci la preda”, ha
detto Barzetti. Al che la Clerici ha cercato di rimediare: “Detto così non è
carino”.

Lo chef ha però continuato, parlando anche di “pasturare”, al posto di
corteggiare (verbo suggerito dalla stessa conduttrice perché “più
elegante”), raccontando il primo incontro con la moglie: “Quando pasturavo
Laura, eravamo a un corso di cucina – ha detto -. L’ho vista subito tra le
tante. Cavoli ragazzi, non sono tutte così giovani le mie allieve di solito.
Ne ho vista una giovane e via. Cercavo di inseguirla, dandole da bere per
stordirla ma non sapevo che era astemia”.

“Lo scambio di battute nella trasmissione del mattino di Rai1 condotta
da Antonella Clerici è intollerabile – commenta la presidente della
Vigilanza Rai Barbara Floridia -. Com’è possibile che mentre il Paese è
attraversato dal dibattito sul contrasto alla violenza di genere e alla
cultura dello stupro sul servizio pubblico si possano dire certe frasi tra
le risate generali? Non possiamo tollerare che si utilizzino espressioni
come ‘stordire la preda’ riferita alle donne. Mi auguro che professionisti
come Antonella Clerici siano sempre preparati a intervenire in maniera
energica per stigmatizzare espressioni del genere”.

IL VIDEO: Lo chef durante la trasmissione di Antonella Clerici:
<video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/battuta-imbarazzante-da-an
tonella-clerici-lo-chef-farla-bere-mentre-si-cucina-per-stordire-la-preda/45
9465/460430?ref=fbpr> “Farla bere mentre si cucina per stordire la preda” –
la Repubblica

CDT.CH

Grave incidente a Porto Ceresio: svizzero ubriaco invade la corsia opposta

Il conducente elvetico, a bordo di un’auto risultata rubata, si è scontrato
frontalmente con una vettura: 5 feriti, grave una donna

È stato causato da un cittadino svizzero residente in Italia che guidava in
stato d’ebbrezza il grave incidente avvenuto ieri poco prima di mezzogiorno
in via Casamora a Porto Ceresio. Lo scrive la Prealpina (che parla
erroneamente di un «ticinese»: stando a informazioni del CdT è originario di
un altro cantone, ndr.) spiegando che l’uomo, sulla cinquantina, ha invaso
la corsia opposta scontrandosi frontalmente con un’auto che viaggiava in
direzione di Brusimpiano. Il cittadino svizzero era alla guida di una Toyota
Celica blu, in seguito risultata rubata: le autorità svizzere hanno
confermato la denuncia per furto relativa al veicolo.

Sull’altra vettura, una Skoda Kodiaq, viaggiavano quattro donne, tre
cinquantenni e una trentenne, rimaste ferite nell’impatto e trasportate in
ospedale. La più grave – riporta Varesenews – è stata trasferita in
elicottero al Sant’Anna di Como: la donna ha riportato un trauma facciale e
cranico, con emorragia cerebrale. È stata ricoverata in prognosi riservata
e, secondo i media locali, non sarebbe in pericolo di morte. Anche il
conducente svizzero è stato portato in ospedale, a Varese, in codice
arancione.

Dopo l’incidente sono intervenute un’automedica e tre ambulanze di Croce
Rossa Arcisate, SOS Cunardo, nonché Croce Rossa di Uggiate Trevano. Si sono
poi aggiunte una quarta ambulanza da Gavirate e l’elisoccorso. Il sinistro
ha causato forti disagi alla circolazione.

NOVARA TODAY

Ubriaca molesta i clienti del bar e aggredisce i poliziotti che tentano di
calmarla

La donna è stata arrestata per resistenza a pubblico ufficiale

Alza un po’ troppo il gomito e molesta i clienti del bar, per poi aggredisce
i poliziotti che sono intervenuti per calmarla. Per lei, una donna di 53
anni, sono scattate le manette per resistenza a pubblico ufficiale.

É successo nella serata di sabato a Verbania, all’interno di un locale di
Intra. All’arrivo degli agenti della Volante, la donna, visibilmente
ubriaca, si è rifiutata di fornire le sue generalità e ha aggredito i due
agenti intervenuti. Per questo motivo, è stata arrestata per resistenza, e
denunciata per lesioni personali.

TRENTO TODAY

Trovato ubriaco alla guida a 79 anni

L’anziano è stato denunciato dai carabinieri per guida in stato di ebrezza

Trovato a 79 anni ubriaco al volante. Lo hanno scoperto i carabinieri,
quando hanno fermato per un controllo un anziano di Laives. Già dal primo
controllo, l’uomo è apparso alterato. I risultati dell’etilometro? Un tasso
alcolemico di 1,49 g/l, molto oltre il limite consentito (0,50 g/l).

APCAT MANTOVA

31 dicembre 2023: L’ABBRACCIO DI MEZZANOTTE

L’A.P.C.A.T. Mantova organizza la dodicesima festa degli abbracci anziché
brindisi.

Ci si può già prenotare, ai recapiti indicati nell’immagine riprodotta qui
sotto.

Associazione Nuovo Paradigma O.d.V. – C.F. 91071720931

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