RASSEGNA STAMPA SU VINO, BIRRA E ALTRI ALCOLICI
A cura di Roberto Argenta, Guido Dellagiacoma, Alessandro Sbarbada
DOCTOR WINE
Alcol killer. Siamo tutti complici?
by Daniele Cernilli
Secondo l’OMS (e non solo) l’alcol – e di conseguenza il vino – causa tumori, è un vero killer. Questa accusa indiscriminata fa sorgere il dubbio che i produttori di vino, e noi che ne parliamo, siamo tutti “assassini”. Daniele Cernilli ragiona su questo paradosso.
Se, come sostengono i professori Garattini e Viola, e l’OMS tutta, non esiste una dose sicura di alcol e quindi la storia del bere moderato è insostenibile. Se, come si deve scrivere sulle etichette dei vini esportati in Irlanda, “Alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. Se è vero tutto questo, allora tutti noi, chi produce vino, chi ne scrive, chi lo vende, siamo complici di una strage?
Le associazioni che fanno corsi per l’avvicinamento al vino sono associazioni a delinquere? I produttori equivalgono a spacciatori di droga e di morte? È questo che qualcuno cerca di far passare?
La crociata antialcol
Possono sembrare paradossi, esagerazioni, discorsi estremi, ma questa tempesta mediatica che si sta scaricando sui consumi di bevande alcoliche, vino in primis (perché nei servizi televisivi è sempre il vino sul banco degli imputati), non si era mai vista prima.
Certo, l’alcol è una sostanza psicotropa, come le droghe. Però è legale e controllata. Ci sono leggi che ne stabiliscono le modalità della produzione e anche del consumo. Quelle sui livelli nel sangue se si guida, ad esempio. Poi, se compro una bottiglia di vino, mi danno uno scontrino o una fattura e non finanzio la criminalità organizzata e neanche l’evasione fiscale. Una bella differenza, no? Tanto che a San Patrignano, dove cercano di strappare migliaia di persone alla tossicodipendenza, il vino lo producono, invece.
Ma no, nessun dubbio: alcol, e vino di conseguenza, sono bevande che nuocciono alla salute, quindi vanno evitate. Tanto che da qualche parte si tira la volata ai cosiddetti “vini dealcolati”. Prodotti con pesanti interventi enologici invasivi, con uso di sette litri di acqua per litro di vino, e quindi davvero poco sostenibili. Ma pur di smaltire eccedenze, di vendere attrezzature costosissime, inaffrontabili per produttori medio piccoli, e di cavalcare la crociata antialcolica vanno bene anche quelli.
Una vita a parlare di vino
Infine, se il vino fa veramente così male, tanto da doverne scoraggiare il consumo, anche in quantità moderata, sempre e comunque, allora mi dichiaro complice e colpevole di averne scritto moltissimo. Di avere insegnato nei corsi di molte associazioni, di aver fatto migliaia di masterclass in mezzo mondo, di averlo raccontato per oltre quarant’anni. Per qualcuno ho svolto un ruolo quasi criminale, anche se perfettamente legale, almeno per ora. Ho anche conosciuto e fatto conoscere persone fantastiche e contribuito alla conoscenza, e quindi anche ai rischi, correlati al consumo di vino.
Non ho mai sostenuto che bere alcol faccia bene, ma solo che bere responsabilmente fosse un compromesso ragionevole. Del resto, così si fa da circa cinquemila anni, e l’Umanità non si è estinta. (*)
(*) Nota di Roberto Argenta: il vino è cancerogeno, su questo non ci sono dubbi. Sono quasi trent’anni che la IARC lo ha messo nella categoria numero uno dei cancerogeni. Sentirsi o meno complici delle conseguenze del bere dipende dalla consapevolezza. Tutte le guerre messe assieme causano 260.000 morti, gli alcolici 2.600.000, se siamo contro le guerre perché mai non essere contro l’alcol?
GAMBERO ROSSO
No alcol
“Il vino senza alcol non è il nemico. L’Italia parte col piede sbagliato”. Lo sfogo delle cantine ancora costrette a produrre dealcolato all’estero
Le aziende sono pronte a portare la produzione in Italia, ma al momento non hanno certezze: “Nessuno sa risponderci sul tema delle accise”
Di Loredana Sottile
«Quello che sta succedendo in Italia con i vini dealcolati è pazzesco. Francia Germania e Spagna ci hanno superato usando i nostri stessi vitigni, mentre noi siamo ancora fermi. Da produttore italiano me ne vergogno». Parla senza filtri Martin Foradori, ceo di Tenuta J. Hofstätter, riferendosi alla produzione di vini dealcolati, bloccata per colpa di un cavillo burocratico, che non permette tutt’ora – e nonostante il nuovo decreto legge di gennaio – alle aziende di poter avviare la produzione sul territorio nazionale, così come ha denunciato Unione italiana vini. «Purtroppo, in questo momento di chiaro c’è ben poco – continua Foradori – nessuno sa risponderci sul tema delle accise. In Germania sembra tutto facile, mentre in Italia si parte col piede sbagliato».
La spinosa questione dei vini dealcolati nelle Doc e nelle Igt
Il produttore altoatesino, che da anni ha lanciato la linea no alcol, appoggiandosi ad uno stabilimento tedesco, rimanda al mittente le critiche sul vino senza alcol: «Trovo ridicola questa continua discussione sui vini dealcolati perché il vero nemico non è il dealcolato, che viene sempre dalla filiera vino. A mio avviso è più preoccupante se il consumatore preferisce il Martini al vino».
Poi, guardando al futuro chiede maggiore chiarezza in etichetta, proponendo di dare «una territorialità anche ai vini dealcolati per non produrre vini anonimi. Sarebbe un valore aggiunto». Per farlo, però non basta produrre vini generici ma bisognerebbe far entrare i no alcol anche nel sistema delle Igt, se non delle Doc.
Il pregiudizio sui vini no alcol
Un tema scottante, quello di delacolati e denominazioni d’origine, su cui i produttori si sono confrontati anche nel corso dell’ultimo Vinitaly, nel dibattito “Zero Tasting” nello stand del Gambero Rosso. «Non credo serva aprire alle Doc, basterebbe mettere in evidenza il vitigno» è il parere di Marzia Varvaglione, che in tempi non sospetti lanciò la linea 12 e mezzo (riferito alla gradazione alcolica) a partire da vitigni pugliesi di solito spinti fino a gradazioni molto più alte. Dallo scorso anno ha anche dato il via alla produzione zero alcol: «Fino allo scorso Vinitaly avevo quasi paura a nominare la parola dealcolato. Adesso le cose vanno meglio e ci siamo posizionati in una nicchia di mercato complementare – e non sostitutiva – al vino tradizionale. Alla fin fine, altre bevande zero alcol, come la birra, sono sdoganate, perché il vino no?».
Cantine in attesa di spostare la produzione in Italia
L’importante è tenere i delacolati dentro alla categoria vino – è il parere di Flavio Geretto direttore commerciale di Villa Sandi – poi ovviamente il connubio con il territorio è fondamentale, quindi anche parlare di vitigno e denominazioni. Col tempo si dovrà affrontare la questione».
Mionetto, che nell’ultimo anno ha raddoppiato la produzione da 2 a 4 milioni di bottiglie, ribadisce la sua volontà di portare la produzione in Italia una volta superati gli ostacoli burocratici: «Oggi per i dealcolati abbiamo la casa madre in Germania e possiamo produrlo lì, ma vorremmo portarlo in Italia perché il know how delle aziende italiane di macchinari non è paragonabile – spiega il direttore tecnico Alessio Del Savio che rivela di star lavorando con vini a base Glera per «accorciare sempre di più le distanze con il Prosecco, strizzando l’occhio alla denominazione».
. Il nostro Paese può dare il suo contributo soprattutto dal livello qualitativo, per questo ci auguriamo che le modifiche del decreto arrivino al più presto».
«Ci viene detto di andare per tentativi e questo comporta un rischio anche reputazionale, ci crederemo veramente nel momento in cui verrà fatta chiarezza su tutta la normativa, dalla produzione all’etichettatura», conclude Per Pierluigi Guarise, ceo di Collis Wine Group.
LA PROVINCIA DSI CREMONA
Sicurezza e decoro, il prefetto punta la lente sull’alcol
Nuovo tavolo in Prefettura: si valutano chiusure anticipate dei locali e limitazioni orarie per la vendita di alcolici
CREMONA – Sicurezza o movida, attrattiva o tranquillità. Il più classico dei dilemmi delle città universitarie si pone anche per Cremona ora che si valuta una stretta sugli alcolici dopo gli ultimi episodi violenti che hanno scosso la città. L’ultimo caso risale a sabato sera con l’accoltellamento di un 48 fuori da un locale di quartiere Po. Per discutere delle misure da adottare, oggi, il prefetto Antonio Giannelli ha riunito il comitato per l’ordine e la sicurezza. Sul tavolo proprio le misure «da adottare ulteriormente» per garantire una serena convivenza civile alla comunità. E, sulla base di una prima analisi degli ultimi eventi che hanno turbato la tranquillità cittadina, il prefetto ha voluto puntare la lente sull’uso e abuso di alcol.
«Quando si parla di risse, aggressioni e litigi – ha commentato Giannelli – quasi la totalità dei casi è legata a episodi di consumo smodato di alcol». Una situazione che più volte era stata portata all’attenzione delle cronache negli scorsi mesi, anche nei casi più eclatanti: erano dichiaratamente ubriachi i giovani aggressori del titolare del Kebab K2; venivano da una serata alcolica anche gli aggressori del barista della Ciocco. E da quest’abuso scaturiscono quelli che vengono definiti ‘reati eruttivi’, cioè imprevedibili, dettati da fattori irrazionali. E pertanto più difficili da contrastare.
Certo non si può dire che dei provvedimenti in questo senso non siano già stati presi, in particolare sul fronte del controllo del territorio. Sono aumentati gli organici delle forze dell’ordine, la polizia locale ha assunto nuovi agenti e ufficiali, gli impianti di videosorveglianza sono stati incrementati, il regolamento comunale di convivenza civile è stato integrato con l’introduzione del daspo urbano. Un incremento importante che ha puntellato le attività di controllo in tutti gli ambiti: «Non ci sono solo le risse – ha puntualizzato Giannelli –, i nostri agenti sono impegnati anche sul fronte delle effrazioni, delle rapine e di tutte le altre fattispecie di reato che si presentano».
Ora sul tavolo ci sarebbero però, ancora tutti da valutare, nuovi provvedimenti per contrastare il fenomeno. E tra le opzioni ci sarebbe la chiusura anticipata di bar e locali o l’introduzione di limitazioni orarie per la vendita di alcolici. Ma per il momento non si è deciso nulla: Prefettura e amministrazione si sono dati del tempo per riflettere. Anche perché il tema è particolarmente delicato: le limitazioni agli esercizi commerciali in nome di una maggior sicurezza, peraltro assenti in città come Piacenza, Mantova o Brescia, rischiano di penalizzare una categoria e l’intera cittadinanza nelle legittime esigenze di socialità e svago. Fino a che punto l’appello a una maggior sicurezza può giustificare la potenziale desertificazione delle notti cittadine e del centro storico? E quanto se lo può permettere una città come Cremona che ha scommesso sul futuro universitario?
TVPRATO
Alcol a minorenni per la terza volta: chiuso bar in centro
L’ultima ispezione è stata eseguita lo scorso 18 aprile, quando la Polizia ha identificato all’interno del locale un sedicenne intento a consumare bevande alcoliche
Ancora un locale del centro storico chiuso dalla Questura per aver servito alcolici a minori. Stavolta si tratta del bar “Piazzetta Food & Drink” in piazza Buonamici, nei confronti del quale il Questore di Prato Pasquale Antonio De Lorenzo ha disposto la chiusura per 35 giorni, a partire dalla mezzanotte di domani giovedì 24 aprile.
Lo scorso 18 aprile il locale, a conduzione cinese, è stato oggetto di un controllo da parte della Polizia; in quella circostanza all’interno del bar è stato identificato un ragazzo di 16 anni intento a consumare bevande alcoliche. Il minore ha dichiarato di aver prelevato egli stesso la bevanda e di averla pagata regolarmente presso la cassa, senza che gli fosse stato chiesto di esibire un documento di identità. L’addetta alla cassa è stata deferita ai sensi dell’art. 689 del codice penale, mentre il minore è stato riaffidato alla responsabilità del padre.
L’esercizio commerciale è già stato oggetto in passato di due analoghi provvedimenti per reiterate violazioni amministrative, sempre per somministrazione di alcool a minori. Pertanto ne è stata disposta la chiusura ai sensi dell’art. 100 T.U.L.P.S. e la sospensione della Scia.
CORRIERE ADRIATICO
Ascoli, bar del centro serve alcolici ai ragazzini: maximulta, rischia anche la sospensione
ASCOLI – Bar del centro serve alcolici ai ragazzini: maximulta da parte della Polizia locale di Ascoli, rischia anche la sospensione. Un noto bar del centro storico che effettuava la vendita di bevande alcoliche a soggetti di minore età è stato sanzionato. Oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria che va da 250 a 1000 € il titolare rischia anche la sospensione dell’attività fino a tre mesi in caso di accertata recidiva. In un altro caso in un circolo, i vigili urbani hanno accertato che venivano servite bevande anche ai non soci. Scattati di conseguenza i provvedimenti interdittivi all’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande e contestuale sanzione pari a 5mila euro.
GAZZETTA DI MANTOVA
Servono alcolici a clienti già ubriachi: denunciati proprietario e dipendenti del bar a Medole
I tre dovranno comparire davanti al giudice. I carabinieri denunciano anche i quattro clienti in preda all’alcol
Nella tarda serata di venerdì santo giungeva una chiamata al 112, nella quale veniva segnalata la presenza, all’interno di un bar di un’area di servizio di Medole, di alcune persone che avevano alzato un po’ troppo il gomito. Sul posto interveniva una pattuglia della stazione di Guidizzolo. I militari avevano modo di constatare che 4 soggetti, in evidente stato di ubriachezza, stavano continuando a bere sostanze alcoliche.
Gli stessi venivano sanzionati amministrativamente per ubriachezza molesta, mentre il titolare del bar, 40nne di Guidizzolo, assieme a due baristi, venivano deferiti all’Autorità Giudiziaria poiché, in ipotesi accusatoria, avrebbero somministrato bevande alcoliche al quartetto ebbro.
VERATV
Falerone – In preda ai fumi dell’alcol distrugge porta e arredi del bar
di Stefania Serino
È finita con una denuncia a piede libero la notte agitata di un 26enne moldavo che, in evidente stato di alterazione alcolica, ha seminato il caos all’interno di un bar di Falerone, infrangendo il divieto di accesso ai locali pubblici e aggredendo i Carabinieri intervenuti per riportare la calma.
I fatti si sono verificati nella tarda serata di ieri, quando i militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Montegiorgio, supportati dai colleghi della Stazione di Monte San Pietrangeli, sono intervenuti in un bar gestito dalla madre del giovane. Il 26enne, nonostante fosse soggetto a un divieto di accesso ai pubblici esercizi, è entrato nel locale in stato di ebbrezza, iniziando a danneggiare la porta d’ingresso a vetri e parte degli arredi interni.
Alla vista dei militari, l’uomo ha reagito con estrema violenza, opponendo resistenza e colpendoli a calci e gomitate. Due militari sono rimasti feriti durante il tentativo di immobilizzarlo. Non solo: nel corso del fermo, il giovane ha anche danneggiato il montante della portiera dell’auto di servizio.
Solo grazie alla prontezza dell’intervento, i Carabinieri sono riusciti a contenere l’escalation di violenza e a condurre l’uomo in caserma per l’identificazione e le procedure di rito. Nei suoi confronti è scattata una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, danneggiamento e violazione del divieto di accesso ai locali pubblici.
QUI COMO
Ubriaco e violento davanti ai bambini dei giardinetti di via Leoni
Fermato e denunciato dalla polizia: sferrava pugni contro le auto in transito
Scene di ordinaria follia ieri pomeriggio davanti ai giardinetti di via Leoni a Como, dove la polizia di Stato è intervenuta per fermare un uomo ubriaco che stava creando scompiglio e paura tra i passanti e i bambini presenti al parco. Il protagonista dell’episodio è un cittadino del Bangladesh di 28 anni, senza fissa dimora, già noto alle forze dell’ordine per reati precedenti.
L’allarme
L’allarme è scattato intorno alle 16.30, quando una volante è stata inviata sul posto dopo numerose segnalazioni: l’uomo, in evidente stato di alterazione, sferrava pugni contro i finestrini, le portiere e persino i tettucci delle auto in transito, mettendo in pericolo sia sé stesso che gli automobilisti. A destare ulteriore preoccupazione la vicinanza del campetto da calcio, dove in quel momento si trovavano diversi bambini.